Porto, c’è la firma sull’Accordo – Lo scalo ionico va svincolato dalla grande industria
TARANTO – Al termine di una due giorni romana decisamente intensa, è arrivata la tanto attesa fumata bianca. Ieri, infatti, è arrivata anche la firma da parte dall’azionista di maggioranza Hutchison Port Taranto e della TCT SpA. Era il tassello mancante per portare a termine l’iter avviato nel dicembre del 2011, per quello che dovrebbe consentire, il condizionale è d’obbligo, il rilancio della situazione economica e occupazionale non solo dello scalo ionico, ma per gli addetti ai lavori, dell’intera economia del territorio.
Nella giornata di giovedì, invece, presso gli Uffici della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per lo Sviluppo Economico Territoriale, era stato sottoscritto da parte del Presidente dell’Autorità Portuale, della Evergreen Line e di due azionisti della Taranto Container Terminal – Evergreen Group e GSI Logistic – l’Accordo Generale per lo sviluppo dei traffici containerizzati nel porto di Taranto e il superamento dello stato di emergenza socio economico ambientale, a cui mancava appunto la firma di Hutchison.
La sottoscrizione è avvenuta alla presenza del Capo Dipartimento Dr. Aldo Mancurti, al termine di una riunione da tempo in agenda, alla quale hanno preso parte tutti i vertici delle società azioniste della TCT SPA. Dopo aver raggiunto l’accordo con i Ministeri interessati, la Regione Puglia, il Comune e la Provincia di Taranto in merito agli impegni della parte pubblica, per un ammontare di circa 200 milioni di euro, il vero scoglio si è rivelata l’acquisizione delle firme da parte degli azionisti della società terminalista.
Ci è voluta tutta la pazienza e l’arte di mediazione possibile da parte dell’Autorità Portuale nell’ambito della compagine societaria stessa, poiché a fronte degli investimenti per le infrastrutture messi sul tavolo da parte del Governo, anche il privato si impegnasse ad operare e ad investire per lo sviluppo dei traffici. Un risultato importante, dunque, raggiunto anche grazie alla unità di intenti e all’impegno mostrato dalle Istituzioni locali e regionali, dal sindacato e dagli organi preposti di Governo.
Il documento originale dell’accordo rimarrà per ora depositato presso gli uffici della Presidenza del Consiglio dove verranno acquisite le firme delle altre parti interessate (Ferrovie dello Stato, Sogesid SpA, Comune e Provincia di Taranto). Infine, si svolgerà a Roma una cerimonia conclusiva nel corso della quale apporranno la propria firma anche il Ministro delle Infrastrutture, il Ministro dell’Economia e Finanze il Ministro dell’Ambiente, il Ministro per la Coesione Territoriale, il Presidente della Regione Puglia e lo stesso Commissario Prof. Prete.
Dopo l’avvio dei lavori della Piastra Logistica, inaugurata a fine marzo un investimento di 219,14 milioni di euro, dopo la firma del protocollo di intesa con il Porto di Rotterdam della scorsa settimana, ed il riconoscimento del pieno diritto dello scalo di far parte del Corridoio Multimodale N. 5 (Helsinki/La Valletta) nell’ambito delle Reti Trans-Europee di trasporto, la firma dell’accordo per lo sviluppo generale del porto di Taranto, rappresenta senz’altro una prospettiva economica importante per il nostro territorio, soprattutto in vista di quelle famose alternative economiche sbandierate da molti, ma che ancora stentano a vedere la luce con progetti concreti. Non è un caso infatti, se anche l’Autorità Portuale di Taranto, nel commentare positivamente la sottoscrizione dell’accordo, ha voluto ricordare come si tratti, comunque, di un punto di partenza. Perché adesso bisognerà innanzitutto vigilare sulla gestione degli appalti: in molti, infatti, temono che sia per quelli della Piastra Logistica, che per i 400 milioni derivanti dall’accordo sottoscritto ieri, ad averla vinta saranno azienda non del territorio ionico, a cui rischiano di restate ancora una volta le briciole, ovvero subappalti al minimo ribasso e lavoro in nero.
Ma, ancor di più, bisognerà vigilare attentamente su quanto realmente vorranno investire, al di là delle firme in calce che restano sempre intenzioni sulla carta, i cinesi. Non è un caso infatti, se si è dovuto faticare alquanto per ottenere la firma di Hutchison Wampoa di Hong Kong per l’accordo sul porto di Taranto. Visto che, ad esempio, si è ancora in attesa di conoscere il reale piano industriale di Tct, così come di vedere attuati nella pratica, gli impegni presi anni addietro, come l’investimento da 100 milioni di euro per il consolidamento, la ristrutturazione ed il potenziamento della banchina. Senza dimenticare che i lavoratori del Porto e i sindacati hanno già accettato di venire incontro all’azienda, accettando la cassa integrazione a rotazione per tutte le 500 unità occupate, per due anni e massima flessibilità del personale. Così come sarà importante recuperare le 4 linee di Evergreen che nel settembre scorso furono spostate al Pireo: prima di quella data, sul molo polisettoriale si effettuavano mediamente 40/45mila movimenti pari a circa 60mila teu. Attualmente non si superano 10mila movimenti e 12mila teu.
E non è affatto un caso se il viceministro dell’Economia Vittorio Grilli sia tornato giovedì in Cina per una visita di tre giorni. L’interlocutore di Grilli è Yi Gang, vicegovernatore della Banca centrale, e presidente della Safe, l’autorità che controlla i flussi di moneta cinese (lo yuan renminbi non è liberamente scambiabile sul mercato). I cinesi hanno mostrato interesse nelle infrastrutture italiane, non nascondendo un certo timore: perché loro pretendono certezze di impresa che non lascino spazio alla discussione. A Taranto rispondono al nome di “lavori di dragaggio dei fondali”: bloccati da anni per una questione di tutela ambientale, che non si sa se, quando e in che modi riprenderanno; e ai dubbi sugli investimenti diretti sono collegati quelli sugli investimenti in buoni del Tesoro, che il governo italiano sta cercando in tutti i modi di ottenere dal governo cinese.
Gianmario Leone (dal TarantoOggi del 28 aprile 2012)