D’altronde, l’ultima comunicazione ufficiale da parte dell’Arpa Puglia sull’inquinamento da diossina del famigerato camino E 312, che istituzioni, sindacati ed Ilva hanno oramai dato per risolto in via definitiva, è datata 27 dicembre 2012. Giorno in cui il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola ed il direttore generale di Arpa Puglia Giorgio Assennato, in una conferenza stampa svoltasi a Bari (con la “silenziosa” partecipazione dell’assessore all’ambiente Lorenzo Nicastro), annunciarono al mondo intero di aver risolto il problema ambientale dovuto alle emissioni della “principale sorgente di diossine a Taranto”. Non vorremmo, passateci la battuta, che quella frase per alcuni abbia voluto significare la conseguente sospensione delle “allegre” campagne di monitoraggio, che ricordiamo come debbano essere minimo tre per legge. Mentre invece l’anno scorso furono “straordinariamente” quattro. Ma come, non ricordate già più?
Nel teatrino post natalizio organizzato da Regione, Arpa ed Ilva, quando tutti si aspettavano la Relazione di fine anno da parte dell’ente regionale per la protezione dell’ambiente, che avrebbe dovuto certificare il superamento del limite di 0,4 ng ITE/Nmc (stabilito dalla direttiva europea UNI EN 1948:2006 sulle rilevazioni delle emissioni tossiche e che riprende quanto sottoscritto dalle nazioni europee nel protocollo di Aarhus del 2004) di diossine e furani nei fumi delle emissioni del camino E312 dell’Ilva di Taranto, ecco che spuntò fuori dal cilindro magico, una quarta ed imprevista campagna di rilevazione effettuata nei giorni 12-13-14 del mese di dicembre, che regalò l’“incredibile” responso di 0,055 ng ITE/Nmc, il risultato più basso di sempre dal 2007 ad oggi in fatto di emissioni.
Dato che sommato a quelli delle precedenti tre campagne (0,685 a febbraio, 0,704 a maggio e 0,112 a novembre), certificava un 0,389 ng ITE/Nmc di diossine e furani nei fumi delle emissioni del camino E312 (previa sottrazione dell’incertezza pari al 35%”, come prevede anche la norma UNI EN 1948:2006 dell’Unione Europea), che consentirono all’Ilva di rientrare entro il limite dello 0,4 imposto dalla legge regionale. Il tutto veniva sancito da una nota ufficiale dell’Arpa sempre del 27 dicembre, che così sentenziava: “Dopo l’acquisizione di carbone attivo di migliore qualità e il consolidamento della gestione del processo, le campagne effettuate nei mesi invernali mostrano un valore molto inferiore a 0.4 ngTEQ/Nm3 (valori medi intorno a 0.1 ngTEQ/Nm3) con emissione annua stimata pari a 3.5 grammi. I valori medi misurati nelle ultime campagne (0.1ngTEQ/Nm3) consentono di considerare risolti i problemi ambientali dovuti alle attuali emissioni della principale sorgente di diossine a Taranto”. E giù con gli applausi, i proclami di vittoria, i complimenti reciproci per aver raggiunto un obiettivo storico.
E così, grazie a questi “splendidi” risultati, per Regione ed Arpa Puglia (così come anche per i solerti sindacati confederali subito pronti a battere le mani come delfini ammaestrati), il problema della diossina a Taranto è qualcosa che oramai riguarda il passato. Peccato, però, che questa “bellissima” teoria abbia almeno due grosse falle, che le fanno perdere qualsiasi credibilità. La prima, di natura puramente matematica: spacciare per superato un problema come quello delle emissioni di diossina e furani dal camino E-312, quando il monitoraggio delle stesse riguarda appena 12 giorni all’anno, è un’operazione che appartiene molto più alla fantascienza che alla scienza. Nel 2011 Arpa Puglia ha effettuato quattro campagne di rilevamento (che avvengono “senza preavviso”, ma con i tecnici che impiegano ben 90’ per arrivare dai cancelli d’ingresso al camino E-312 e montare la relativa attrezzatura) che si articolano su tre misure effettuate in tre giorni consecutivi di 6-8 ore ciascuna.
Parliamo dunque di 24 ore a campagna, per un totale di 96 ore di rilevamento dati. L’Ilva però, è un impianto sempre in ciclo, che opera 24 ore su 24 per 365 giorni all’anno. Un anno è composto da ben 8.760 ore, quindi siamo in presenza di una percentuale di poco superiore allo 0,80% di ore coperte nell’arco di un intero anno. Cosa accade in tutti gli altri giorni dell’anno non è dato sapere, né pare interessi minimamente Regione ed Arpa Puglia. Ed è un qualcosa che probabilmente non conosceremo mai veramente, vista la mancanza di un campionamento in continuo h24 non solo su quel camino continuo (peraltro previsto ancora dall’art. 3 della legge regionale n. 44 del 2008, che non venne prescritto quando la stesse venne “aggiustata” nel marzo 2009), ma su tutte le fonti di emissione presenti in Ilva.
Intanto, mentre siamo tutti presi dal non cadere in errore lasciandoci fregare dalle apparenze, restiamo in attesa di un segnale di vita da parte di Arpa Puglia. Anche perché, quando anche quest’anno si riuscirà a far rientrare l’Ilva nel limite di emissioni annuale con i soliti giochetti, qualcuno dovrà rendere conto di questi quattro mesi di assoluto silenzio, durante i quali nessuno sa quanta diossina sia uscita dal quel camino. “Nulla si difende con così tanto calore quanto quelle idee a cui non si crede” (Leopoldo detto Leo Longanesi, Bagnacavallo, 30 agosto 1905 – Milano, 27 settembre 1957).
Gianmario Leone (dal TarantoOggi del 23 aprile 2012)
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