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Tempa Rossa, la Total sceglie – Una storia che ci deve interessare

TARANTO – Lo scorso 11 aprile la Total Esplorazione & Produzione Italia (Gruppo Total) ha reso noto di aver sottoscritto il 5 aprile, una ‘Lettera di Intenti’ (LOI) sull’esecuzione delle attività di “Engineering, Procurement, Supply, Construction and Commissioning” del trattamento “Oil & Gas Tempa Rossa” con l’associazione temporanea di imprese, tra Tecnimont S.p.A. e Tecnimont KT S.p.A., società entrambe controllate dalla Maire Tecnimont S.p.A., controllata dall’imprenditore romano Fabrizio Di Amato. L’attività di ingegneria prenderà il via il prossimo 14 maggio. La firma del contratto è attesa a breve ed avverrà non appena saranno ottenute tutte le autorizzazioni. Il valore complessivo del contratto sarà pari a circa €500 milioni.
In ballo c’é la parte principale del piano di sviluppo del giacimento petrolifero “Tempa Rossa”, situato in prossimità di Corleto Perticara (Potenza), in Basilicata. Il contratto in questione comprende le unità di processo e utilities del centro petrolifero, in cui verranno trattati e stabilizzati 50.000 barili al giorno (BOPD) di petrolio greggio, nonché il trattamento acqua e gas associato, il centro di stoccaggio GPL, gli impianti di superficie sulle teste pozzo, gli allacciamenti delle flowlines e pipelines con la rete Snam Rete Gas e con l’oleodotto di Viggiano collegato alla Raffineria di Taranto (dalla capacità produttiva giornaliera di 250.000 m³ di gas naturale, 267 tonnellate di GPL e 60 tonnellate di zolfo).

Nella breve nota della Total E&P Italia, si legge anche che “l’esecuzione dei lavori sarà conforme ai più severi requisiti in termini di salute, sicurezza e ambiente relativi a un impianto di questo tipo in Italia”. Dunque, mentre dalle nostre parti politici di varia natura e schieramento chiedono la revisione del progetto che riguarda molto da vicino la raffineria Eni di Taranto, quando oramai è troppo tardi per tornare indietro, il giro di affari che ruota attorno al progetto della Valle del Sauro in località Gorgoglione, si è già messo in moto. Giro d’affari che come ribadito più volte su queste colonne, è di caratura mondiale, visto che nello sviluppo del progetto la TOTAL E&P Italia, è affiancata dalla Shell (25%) e dalla Exxon Mobil (25%).
Basti pensare, ad esempio, che è bastata soltanto la lettera d’intenti per consentire alle azioni della Maire Tecnimont un’impennata sul mercato dell’11,8%, con volumi già abbondantemente oltre la media giornaliera mensile. In realtà, affinché le ruspe entrino in azione, serve solo l’ultima autorizzazione dell’Ufficio nazionale minerario, che dovrebbe arrivare a breve. Il valore stimato dell’opera, secondo il progetto approvato lo scorso 23 marzo dal Cipe, è di un miliardo e trecento milioni di euro. Un fiume di soldi che fa gola a molti, ma che in pochissimi potranno avere l’onore di gestire, vista la commessa miliardaria, che lascerà le briciole alle imprese lucane e a quelle tarantine in vista dei lavori che riguarderanno la raffineria che l’Eni ha finanziato con 300 milioni di euro.

Alla somma dell’intero progetto, infatti, si deve sottrarre una sessantina di milioni di euro, che serviranno per i così detti “lavori civili”, ovvero i lavori di preparazione al progetto vero e proprio, per i quali la Total ha deciso di stipulare un contratto a parte. Il cantiere “Tempa Rossa” aprì per la prima volta i battenti nel 2009, proprio con l’inizio dei lavori civili: a vincere l’appalto fu un’associazione di imprese lucane, ma tutto venne bloccato dalla magistratura. Come scrivemmo infatti la settimana scorsa, il pm Henry John Woodcock, aprì un’inchiesta dopo la “scoperta” di una vera e propria bomba ecologica all’aperto presso il Comune di Corleto Perticara (Potenza), sul cui territorio si trova il giacimento petrolifero “Tempa Rossa”: un’area di smaltimento di fanghi petroliferi di estrazione che ben 20 anni fa furono abbandonati in terreni adibiti a pascoli e che solo l’anno scorso, dal lontano 1992, é stata inserita dalla Regione Basilicata in un elenco in cui figurano 415 “situazioni a rischio”.

La partita dei “lavori civili” non è di poco conto. Anche perché lo scorso 24 giugno, il commissario europeo responsabile per il Mercato interno e i servizi, il francese Michelle Barnier – ex ministro degli esteri del governo transalpino – ha liberalizzato la disciplina che regola i rapporti tra i titolari di concessioni pubbliche, come quelle assegnate in Italia per la ricerca e l’estrazione di idrocarburi, e i loro vari fornitori. Prima della liberalizzazione del francese Barnier infatti, il concessionario andava assimilato ad un ente pubblico: per questo si doveva seguire l’iter delle gare d’appalto per scegliere a chi dovessero essere assegnati i lavori; oggi, invece, non è più così: i bandi già pubblicati sono stati revocati, con la Total che ha potuto decidere in libertà a chi affidare la commessa più ricca di sempre nella storia delle sue attività. E, guarda caso, ha vinto la Maire Tecnimont, società italiana quotata in borsa dal 2007, con la quale però la Total ha già in essere altri affari, come ad esempio ad Al Jubail, in Arabia Saudita, dove stanno realizzando una nuova raffineria e l’annessa unità per la produzione di idrogeno. Per i “lavori civili” invece, l’ad della multinazionale francese Thierry Normand, non ha voluto indicare ancora il nome della ditta scelta.

E prendendo spunto da quanto avvenuto in Basilicata, possiamo tranquillamente fare un parallelo con quanto avverrà dalle nostre parti. Visto che il bando dell’Eni per l’assegnazione dei lavori previsti per il progetto “Tempa Rossa” che riguarderanno la raffineria di Taranto (scaduto il 15 marzo del 2011, vincitore sconosciuto), aveva come indicazione il fatto che la ditta vincitrice dovesse certificare un fatturato medio annuo non inferiore a 245 milioni di euro. E aziende tarantine di questo calibro, non ce ne sono. Anche se, a pensarci bene, rileggendo il profitto annuale minimo richiesto collegato al fatto che “il pontile e tutte le strutture accessorie saranno realizzate interamente in acciaio”, a noi il nome di un’azienda ci è venuto in mente eccome. D’altro canto, Confindustria Taranto e i sindacati che hanno spinto per l’avvio del progetto spacciato come vitale per l’economia locale, non potrebbero mai e poi mai dire che anche per “Tempa Rossa”, Taranto e le aziende locali dovranno accontentarsi ancora una volta delle briciole: che da queste parti sanno tanto di subappalti e lavoro in nero. Oltre che di nuovo inquinamento.

Gianmario Leone (dal TarantoOggi del 16 aprile 2012)

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