Al contrario, tutto ciò che viene detto di positivo assume i contorni della verità rivelata. E’ dunque difficile, se non impossibile, arrivare ad intuire (perché capirlo sarebbe da geni assoluti del campo), cosa appare e cosa è reale. Ed è proprio per questo che l’area comunicazione dell’Ilva viene in nostro aiuto, poveri ingenui e profani, che speriamo sempre nel perdono di lor signori “perché non sappiamo quel che facciamo, diciamo e scriviamo”. Il messaggio principale della campagna, infatti, è “non fermarti alle apparenze perché oltre alla superficie c’è un mondo di persone con le loro storie e c’è un mondo di lavoratori con le loro professionalità”. Il che, di per sé, è di un’ovvietà assoluta: non fanno altro che sbandierare ai quattro venti le migliaia di lavoratori impiegati nel siderurgico, che poi diventano meri strumenti a loro uso e consumo, ed ora vengono a dire ad una città intera che dentro l’Ilva c’è un mondo di persone e di storie tutte differenti. E che vanno assolutamente rispettate nella loro dignità di cittadini e di lavoratori, aggiungiamo noi.
Detto questo, nel comunicato ufficiale nel quale si comunica il via della nuova campagna, vi è un’ampia predica rivolta alle pecore nere della società tarantina. “Sono in molti – dichiara il dott. Andrea Rogazione Responsabile dell’Ufficio Comunicazione Ilva di Taranto – a giudicare il nostro Stabilimento in modo superficiale e spesso frutto di pregiudizi. La nuova campagna, non vuole raccontare un’altra verità, ma è un forte invito per tutti a riflettere su ciò che difficilmente viene raccontato: un mondo di persone, di professionalità e di impegno. La nuova campagna – conclude il dott. Rogazione – arriva certamente in un momento delicato per l’Ilva e la storica marcia del 30 marzo che ha visto protagonisti insieme operai, impiegati e dirigenti ne è la testimonianza. E’ stato un momento in cui i cosiddetti “invisibili”, dai più volutamente nascosti e ignorati, hanno dimostrato che la realtà è fatta di lavoratori che ogni giorno s’impegnano per garantire non solo il loro futuro ma anche quello della loro città”.
Bene. Vi è piaciuta la nuova favola fabbricata dal magico mondo dell’Ilva? Il problema è che anche se non vi è piaciuta, sarete costretti per un mese intero a sorbirvela lo stesso. Volenti o nolenti. Sì, perché è la stessa Ilva che ci informa di come “la nuova campagna sarà visibile da sabato 14 aprile, fino a venerdì 11 maggio, su televisioni, giornali, radio e, per la prima volta, nei cinema e sui bus extraurbani”. Ennesima dimostrazione, se mai ce ne fosse davvero bisogno, di come in questa città siano ancora in molti ad attingere dalle mammelle di mamma Ilva e di patron Riva.
Ora non saremo nemmeno più liberi di goderci un bel film al cinema o di prendere quei pochi pullman dell’Amat per andare a lavorare o semplicemente per evitare di salassarci con i prezzi attuali della benzina. Subiremo un bombardamento costante, l’ennesimo, che “stranamente” arriva proprio nel momento più adatto per l’Ilva, viste le vicende giudiziarie e non in cui è nuovamente coinvolta. Stendiamo un velo, anche questo ennesimo, sui colleghi della stampa e dei media locali, nonché nostri colleghi. Che ancora una volta, come del resto han sempre fatto, continuano a mantenere due piedi in una scarpa sola. Non capendo che, in questo modo, la loro credibilità rischia seriamente di essere ulteriormente compromessa. Ma tant’è: la libertà e la coerenza sono cose che costano. E tanto. E in tempi grami come questi, dire di no alla pubblicità di un colosso industriale, è impresa ardua. Eppure, quella semplice parolina di due lettere, in realtà, potrebbe essere più forte di un uragano se solamente fosse pronunciata da tutti coloro i quali continuano, chi con il sorriso chi a denti stretti, a dire ancora una volta “sì”.
“Credere è una bella cosa, ma mettere in atto le cose in cui si crede è una prova di forza. Sono molti coloro che parlano come il fragore del mare, ma la loro vita è poco profonda e stagnante come una putrida palude. Sono molti coloro che levano il capo al di sopra delle cime delle montagne, ma il loro spirito rimane addormentato nell’oscurità delle caverne”. (Kahlil Gibran, Bsharri, 6 gennaio 1883 – New York, 10 aprile 1931).
Gianmario Leone (dal TarantoOggi del 14 aprile 2012)
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