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Benzo(a)pirene story – In Regione l’ennesimo tavolo tecnico

TARANTO – Presso gli uffici della Regione Puglia, si è svolto l’ennesimo tavolo tecnico sulla questione benzo(a)pirene. Al tavolo hanno preso parte i tre principali soggetti privati operanti sul territorio ionico (Ilva, Eni e Cementir), i quali hanno assunto il “rivoluzionario” impegno di presentare nel giro di un mese, una propria proposta per la riduzione delle emissioni, in relazione al proprio carico, per quanto concerne il benzo(a)pirene ed il particolato in modo tale da rientrare entro i limiti previsti dalla legge nell’area ionica (il primo obiettivo è ridurre inizialmente le emissioni del 10%). Se le proposte che presenteranno i privati saranno giudicate sufficienti ed idonee da non meglio precisati “tecnici” (immaginiamo della Regione e dell’Arpa), come commenta entusiasta l’assessore regionale all’Ambiente Lorenzo Nicastro, esse “permetteranno un ulteriore passo avanti nell’opera di risanamento dell’area tarantina”: in caso contrario, si proseguirà nella convocazione di infiniti tavoli tecnici, nella speranza che a qualcuno prima o poi venga l’idea del secolo per risolvere il problema. Il tavolo di ieri, segue quelli svolti il 19 e il 12 marzo sempre sul tema del benzo(a)pirene, a cui avevano preso parte anche l’Arpa, la Provincia ed il Comune di Taranto, oltre che i tecnici dell’Assessorato alla Salute. Il nuovo “allarme”, è scaturito dopo che, sia nel 2010 che nel 2011, è stato superato il tetto massimo di 1 nanogrammo per m/c: di chi la “colpa” per questi continui sforamenti si sono chiesti i tanti “tecnici” accorsi agli ultimi tavoli? Le illuminanti risposte sono andate dalle cause civili legate al traffico, fino a giungere quelle legate agli insediamenti industriali: per questo motivo i nostri prodi hanno pensato che sia assolutamente necessario un nuovo (l’ennesimo) crono programma che individui un percorso per la “mitigazione” delle emissioni.
Eppure, qualcosa non ci torna. Perché purtroppo per le nostre istituzioni, abbiamo il grande “difetto” di avere ottima memoria storica. E le varie tappe della storia sul benzo(a)pirene sono davvero tante. Infatti, ricordiamo come il 29 settembre 2011, fu proprio l’assessore regionale Nicastro a dichiarare in toni trionfalistici (molto tempo prima della conclusione dell’anno) come “i dati di monitoraggio delle centraline di ARPA relative al benzo(a)pirene nella città di Taranto del mese di luglio ci muovono a cauto ottimismo”. Ottimismo che è andato smarrito dopo i dati conclusivi sul benzo(a)pirene, ancora una volta oltre i “valori limite” previsti dalla legge (che come abbiamo scritto ieri sono stati demoliti dalla stessa UE per quanto concerne il loro rispetto come garanzia della tutela della salute dei cittadini). Ottimismo dovuto anche e soprattutto ai risultati mostrati dal piano di risanamento ed al monitoraggio diagnostico avviato dalla Regione Puglia con ARPA e con la partecipazione e la collaborazione, anche economica, di ENI e Cementir, con l’Ilva che si tirò indietro quando le fu chiesto di montare le centraline anche all’interno del perimetro dell’azienda. Rifiuto a cui la Regione non oppose alcuna resistenza (la convenzione con Arpa Puglia, Eni e Cementir venne siglata il 10 settembre 2010, dopo l’approvazione della delibera di giunta con cui la Regione stanziò 318 mila euro).
Cosa alquanto strana, visto che fu proprio l’ente regionale ad approvare la legge n. 3/2011, scritta dallo stesso Nicastro in collaborazione con i dirigenti del servizio ecologia e dell’ufficio inquinamento Antonello Antonicelli e Caterina Dibitonto, pensata “con riferimento alla situazione tarantina poiché nella città jonica le centraline dell’Arpa hanno da tempo evidenziato livelli non accettabili di benzo(a)pirene”. Per questo motivo la Regione predispose questa norma “anti-benzo(a)pirene” che prevedeva un intervento immediato, da attuare nel “più breve tempo possibile”. Dopo i monitoraggi avviati a seguito dei superamenti citati, la “Regione intende avviare i necessari piani di risanamento per risolvere tale situazione – si legge in una nota del 27 ottobre 2010 -. Alle aziende che immettono benzo(a)pirene in atmosfera, sarà chiesto di applicare ogni misura necessaria per ridurre in maniera consistente tali immissioni”. I dati recenti e non, hanno dimostrato come, ancora una volta, si sia rimasti nel classico campo dei buoni intenti e delle finte minacce, visti i risultati negativi registrati.
Ma in molti, purtroppo, hanno dimenticato da dove ebbe origine la “questione benzo(a)pirene”. Dobbiamo infatti tornare indietro sino al 4 giugno 2010, giorno in cui venne pubblicata la “Relazione Tecnica Preliminare Arpa Puglia”, in merito ad una prima valutazione sulle sorgenti di emissione del benzo(a)pirene nella stazione di monitoraggio di qualità dell’aria in via Macchiavelli, nel quartiere Tamburi di Taranto. Nella relazione tecnica dell’Arpa Puglia, contro la quale l’Ilva ricorsa al Tar di Lecce giudicandola “non scientifica”, veniva scritto che il 99,74% degli Idrocarburi Policlici Aromatici (IPA, di cui il benzo(a)pirene è il più cancerogeno e nocivo per la popolazione) proviene dall’Ilva, di cui il 98,5% dalla cokeria. Nel rapporto si legge: “Le emissioni in aria di IPA e BaP sono attribuibili in modo preponderante, per più di un ordine di grandezza, allo stabilimento siderurgico Ilva e, in particolare alla cokeria. Il contributo derivante dall’impianto cokeria alla concentrazione di Bap rivelata nel sito di via Macchiavelli è valutabile, in più del 99%”.
Relazione che tra l’altro ribadiva come “dei quattro siti di monitoraggio (via Macchiavelli, via Alto Adige, Talsano e Palagiano), il sito del quartiere dei Tamburi, a meno di un chilometro dall’area a caldo dello stabilimento siderurgico, è quello per il quale si registrano i livelli di gran lunga più alti di benzo(a)pirene nell’aria”: tanto per confermare quanto stabilito anche dalla perizia degli esperti epidemiologi, che hanno dichiarato come il rione Tamburi sia il più colpito dalle emissioni industriali dell’Ilva. Che però, grazie agli “amici degli amici” presenti al Ministero dell’Ambiente, grazie al decreto legislativo n.155 del 13 agosto del 2010, si vide allungare il limite di tempo entro il quale rispettare la legge: ovvero il 1 gennaio del 2013. Ma nonostante questo, qui siamo ancora in attesa che i signori delle grandi industrie presentino un piano per contenere le emissioni di IPA nell’aria. Tranquilli, fate pure con calma: domani è un altro giorno. Buono per rivedersi tutti insieme attorno ad un tavolo, a discutere del niente.
Gianmario Leone

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