La notizia, ovviamente, ci riguarda molto da vicino. Ci siamo occupati più volte dell’Eni e dei suoi progetti, l’ultima volta in un’inchiesta nello scorso gennaio, in cui facemmo luce sui tanti punti oscuri che ruotano intorno ai progetti dell’azienda del “cane a sei zampe”. E scoprimmo come “Tempa Rossa” sia in realtà un progetto “indipendente” dall’eventuale raddoppio della raffineria Eni, così come dal metanodotto e della nuova centrale Enipower. Perché trattasi di un progetto decisivo che tocca interessi internazionali di vastissime proporzioni, che vanno molto al di là della realtà della regione Basilicata o della nostra città. Non è un caso, del resto, se a differenza degli altri progetti, “Tempa Rossa” abbia avuto da tempo l’ok dalla Regione Basilicata e dalla Regione Puglia, dal Comune e dalla Provincia di Taranto, sino ad arrivare al decreto di “compatibilità ambientale” del settembre scorso da parte del Ministero dell’Ambiente.
Per i meno informati, ricordiamo che “Tempa Rossa” è il nome di un giacimento petrolifero situato nell’alta valle del Sauro situato nel cuore della Basilicata. Giacimento che alla fine dei lavori conterà ben otto pozzi perforati nel sottosuolo della Basilicata, dove è custodito uno dei principali giacimenti petroliferi europei su terraferma: allo stato attuale il 78,5% della produzione italiana di greggio su terra proviene dalla Basilicata. Quando l’impianto lavorerà a pieno regime, avrà una capacità produttiva giornaliera di circa 50.000 barili di petrolio, 250.000 m³ di gas naturale, 267 tonnellate di GPL e 60 tonnellate di zolfo. Il giacimento “Tempa Rossa” ha inoltre la “fortuna” di essere posizionato vicino a diverse infrastrutture petrolifere in uso in Basilicata, distanti appena 8 km dal suo centro di attività.
Il gas sarà facilmente convogliato alla rete locale di distribuzione SNAM, mentre il petrolio sarà trasportato tramite una condotta interrata fino all’oleodotto “Viggiano-Taranto”, oleodotto con un diametro di 51 cm e lungo 136 km (di cui 96 in Basilicata) che collega le installazioni petrolifere della Val d’Agri alla Raffineria Eni di Taranto, suo terminale di esportazione. Proprio per questo motivo, l’Eni ha stanziato la somma di 300 milioni di euro per diversi lavori che interesseranno il pontile del porto in dotazione all’industria petrolifera, oltre che svariati lavori all’interno della Raffineria. Il 27 ottobre 2011 è stato pubblicato il decreto di VIA sul sito del Ministero dell’Ambiente, con il parere favorevole con prescrizioni della Commissione Tecnica VIA-VAS.
Il problema è che questo progetto giudicato dalle nostre istituzioni “compatibile” con il nostro mare e la nostra città, produrrà un 12% in più di emissioni diffuse, che si distinguono dalle altre per il fatto che si disperdono in atmosfera senza l’ausilio di un sistema di convogliamento delle stesse dall’interno verso l’esterno. “Compatibilità ambientale” che non tiene conto nemmeno del fatto che, all’interno dello Studio d’Impatto Ambientale, manchi l’analisi di rischio di incidente rilevante, necessaria specialmente in funzione del fatto che nella rada di Mar Grande aumenterà dalle attuali 40 ad un massimo di 133 il transito di petroliere, oltre alla la costruzione di due nuovi serbatoi, accanto a quelli già esistenti, della capacità di 180.000 m3.
Ma oramai non c’è più tempo per tornare indietro. Perché come detto, il progetto “Tempa Rossa” giudicato fondamentale per il petrolio italiano, in realtà vede interessati due tra i più grandi gruppi petroliferi mondiali. Al fianco di TOTAL E&P Italia, operatore incaricato dello sviluppo del progetto, figurano infatti anche la Shell (25%) e la Exxon Mobil (25%), tra le compagnie americane di petrolio più importanti al mondo. Ma oltre a ciò, in pochissimi sanno che “Tempa Rossa” è l’unico progetto italiano considerato dalla banca d’affari Goldman Sachs, tra i 128 più importanti al mondo in fase di attuazione, “capaci di cambiare gli scenari mondiali dell’energia estrattiva”. Che poi tale progetto andrà ad intaccare e a peggiorare anche gli scenari ambientali di Taranto, così come abbiamo scritto ieri per quanto riguarda la nuova Cementir, questo di certo non interessa alle nostre istituzioni, ai sindacati o a Confindustria. Figuriamoci se può interessare all’Eni o a multinazionali del petrolio come Total, Shell ed Exxon Mobil. Ed il bello è che “Tempa Rossa” è stato definitivo un progetto “compatibile con l’ambiente circostante” e soprattutto di “pubblica utilità”.
Gianmario Leone
g.leone@tarantooggi.it
DAL CIPE FONDI ANCHE PER LA CULTURA IONICA
Per fortuna, non si vive di solo “petrolio”. Nella delibera del CIPE di ieri, infatti, hanno trovato posto anche alcuni finanziamenti decisamente più interessanti ed utili per il nostro territorio. Per quanto riguarda sempre il settore delle “Reti ferroviarie ed opere infrastrutturali”, sono stati stanziati 9 milioni di euro per la Strada Statale 172, cosiddetta “dei Trulli” (sulla in tanti, troppi hanno perso la vita), che vanno ad aggiungersi ai 51 milioni di euro del Piano di azione e coesione della Regione Puglia, con i quali sarà possibile portare a termine il completamento della quarta corsia e l’asse di penetrazione a Martina Franca.
Per quanto riguarda invece il settore del Patrimonio culturale, nel “Fondo per lo sviluppo e la coesione”, ha trovato posto anche il Polo museale di Taranto. Il progetto prevede il restauro e l’allestimento di spazi del Museo Archeologico di Taranto per funzioni espositive e attività collaterali, la realizzazione di strutture per i servizi di accoglienza e riqualificazione dei percorsi archeologici nel Parco archeologico di Saturo nel comune di Marina di Leporano e la realizzazione di strutture per i servizi di accoglienza e riqualificazione dei percorsi archeologici nel Parco archeologico delle Mura Messapiche nel comune di Manduria. Il bando di gara è previsto entro dicembre 2012. L’importo è di 5.000.000 di euro. Un’occasione da non lasciarsi sfuggire per dare linfa vitale alla nostra storia ed alla nostra cultura.
G. Leone
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