Stefàno, la giustizia non ammette ignoranza – Su Ilva ordinanza sbagliata
TARANTO – Ha suscitato “amarezza” nel sindaco Stefàno e nell’assessore all’Ambiente Sebastiano Romeo, il provvedimento di martedì, con cui il Tar di Lecce accoglieva il ricorso presentato dall’Ilva S.p.A. contro l’ordinanza n. 14 emanata lo scorso 25 febbraio 2012 dal primo cittadino. Provvedimento con il quale Stefàno “ordinava” all’azienda di adottare una serie di provvedimenti per limitare e/o abbattere le emissioni nocive entro 30 giorni a partire dalla notifica dell’atto. In caso contrario, il primo cittadino “avvertiva” che gli impianti riguardanti l’ordinanza avrebbero dovuto sospendere la loro attività. E’ inoltre bene ricordare come l’ordinanza dello scorso febbraio, altro non era che il “risultato” dell’incontro avvenuto il giorno prima in Tribunale, tra il primo cittadino ed il procuratore della Repubblica di Taranto, Franco Sebastio.
Ciò detto, ammettiamo che anche in noi l’ultimo provvedimento del Tar ha prodotto qualche scompenso di tipo emozionale. Ma il nostro stato d’animo ha toccato punte più di scoramento che di amarezza. Visto che, ancora una volta, l’Amministrazione comunale ha perso l’ennesima occasione per dimostrare con i fatti, e non con i fiumi di parole degli ultimi giorni, di voler provare a dare un minimo di segnale verso un reale cambiamento nei rapporti di forza esistenti tra politica e grande industria. E restiamo altresì sgomenti nel leggere e nell’ascoltare lo “stupore” con cui gran parte dei media ha commentato l’odierna notizia. Visto che le cose, almeno per una volta, sono chiare e limpide e non ambigue e fraintendibili come invece sempre avviene quando di mezzo ci sono l’Ilva e i suoi interessi.
Il perché è presto detto. Qualunque Sindaco ha il potere (garantito dall’art. 117 del d.lgs. n.112 del 1998 e dall’art. 50 del d.lgs. n.267 del 2000) di emettere un’ordinanza contingibile e urgente per motivi specifici: inquinamento ambientale, insorgere di epidemie, momentanea non potabilità dell’acqua, inquinamento acustico e rifiuti. Il capo dell’amministrazione comunale è legittimato ad emanare ordinanze contingibili ed urgenti in materia d’inquinamento ambientale; pur essendovi norme specifiche in materia d’inquinamento, ha mantenuto i poteri di cui all’articolo 13, comma 2°, della legge 23 dicembre 1978 n. 833 (vedi anche art. 13 Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22). Quindi, nel caso di specifici pericoli per la salute pubblica che esigono l’applicazione d’interventi immediati il Sindaco può emanare provvedimenti che ordinino la cessazione d’attività lavorative nocive e dannose per la salute pubblica; tutto questo fino a quando non siano stati adottati gli strumenti ed i meccanismi idonei ad eliminare la predetta situazione e ripristinare, così, lo status quo ante.
Ora. Questi provvedimenti devono avere carattere straordinario e temporaneo. Nel caso in questione, invece, Stefàno ha emesso un provvedimento che, attraverso la richiesta di ottemperare all’applicazione di diversi provvedimenti, va ad incidere in maniera strutturale e definitiva sull’impianto dell’ILVA, sul suo funzionamento e controllo: dunque, un provvedimento inappropriato e illegittimo rispetto ai poteri del Sindaco. E’ tutto qui il nodo, e che nodo, della questione: come si legge nel decreto emesso dal Tar infatti, “gli atti impugnati contengono prescrizioni ulteriori rispetto a quelle contenute nell’Autorizzazione Integrata Ambientale rilasciata per lo stabilimento ILVA di Taranto il 4 agosto 2011; ritenuto che le prescrizioni di cui sopra, proprio perché aggiuntive rispetto alla disciplina portata da una AIA, rilasciata a seguito di un procedimento particolarmente complesso e perciò durato anni, non sembra possano essere correlate ad una emergenza sanitaria e perciò giustificare l’esercizio del potere di ordinanza attribuito al Sindaco in via contingibile ed urgente”.
In pratica, è lo stesso Tar a dire al nostro Sindaco come il suo intervento appaia più quello di un tecnico che quello di un primo cittadino a cui certe iniziative non competono nemmeno. Ed è sempre lo stesso Tar a suggerire a Stefàno, anche se tra le righe ed in forma sottointesa, che sarebbe stato certamente più conforme ai suoi poteri sindacali, emanare un provvedimento come la sospensione “temporanea” (20 giorni, 1 o 6 mesi) dell’attività dell’ILVA, questo sì contingibile e urgente. O meglio ancora un provvedimento che consentisse una produzione limitata per un certo periodo di tempo, dunque “temporaneo”, così da limitare la produzione e conseguentemente anche l’emissione di sostanza cancerogene.
Ora. E’ mai possibile che un primo cittadino ed un’assessore comunale non sappiano i poteri che la legge conferisce loro? No, non possiamo crederlo. Preferiamo pensare, invece, che siamo di fronte all’ennesimo inutile tentativo di una classe politica che continua ad essere affetta da quella “dipendenza” irreversibile nei confronti dell’Ilva e dei suoi interessi, che ha caratterizzato gli ultimi sessant’anni della storia di questa città. Sirene della politica che pare proprio abbiano fagocitato anche l’intero arco ambientalista tarantino, oramai sceso in campo in massa in vista delle prossime elezioni comunali. D’altronde, fu lo stesso Pier Paolo Pasolini nel famoso articolo “Che cos’è questo Golpe” pubblicato sul Corriere della Sera nel 1974, a denunciare come in Italia verità politica e pratica politica fossero del tutto inconciliabili.
Il Tar ha fissato la data per la camera di consiglio per la trattazione collegiale il prossimo 11 aprile. La giustizia non ammette ignoranza: forse, sarebbe meglio che il Comune, per una volta, eviti di presentarsi in camera di consiglio. Di fronte ad una sconfitta, è sempre meglio salvare la dignità che perseverare nell’errore.
Gianmario Leone