L’Ilva ha il futuro assicurato – Dopo il vertice tra Clini, Vendola, Stefàno e Florido
TARANTO – “Abbiamo immaginato che nelle prossime ore verranno convocati i tavoli tecnici da tenersi nei prossimi giorni che devono da un lato far partire il lavoro di riconsiderazione dell’Aia e dall’altro il tavolo tecnico sulle bonifiche. Si tratta di entrare nel merito di un ciclo di riqualificazione e persino produttivo di dimensioni ciclopiche. Quella di Taranto é in prospettiva una delle più impegnativa e grandi opere di bonifica e riqualificazione ambientale che forse sia stata fatta nella storia europea”.
Usa come sempre toni enfatici e altisonanti il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, al termine del vertice svolto ieri a Bari con il ministro dell’Ambiente Corrado Clini, l’assessore al Bilancio Michele Pelillo, il sindaco di Taranto Ippazio Stefano e il presidente della Provincia Gianni Florido. Il governatore menestrello continua ad “immaginare” il sorgere di numerosi tavoli come funghi per affrontare la “vertenza Taranto”, quasi come se di questi tempi l’attuale governo non avesse altro a cui pensare. Anche perché, a sentire il ministro Clini, appare chiaro come Vendola & co. viaggino ad una velocità decisamente sopra le righe, specie in merito ad una questione che meriterebbe di essere gestita da tutt’altri elementi dal maggiore spessore politico.
Ma tant’è, questo passa il convento: e a vedere i tanti personaggi che stanno affollando il panorama politico cittadino in vista delle amministrative del prossimo maggio, c’è poco di che stare allegri. A tal proposito, che Vendola, Florido e Stefàno pensino più alla propria immagine politica che alla sostanza, lo dimostra la prima frase pronunciata dal ministro Clini nella giornata di ieri: “Il problema è molto delicato è complesso e non si può gestire a colpi di propaganda perché richiede un esame molto accurato tenendo conto di tutte le variabili in gioco”. Come a dire: andiamoci piano perché qui si rischia di sommare ai danni esistenti altri errori madornali che potrebbero segnare un punto di non ritorno. Per tutti.
Ma chi teme chissà quali eventi disastrosi per l’economia e il tessuto sociale di questa città nel prossimo futuro, può dormire tranquillo su sette guanciali. Perché anche nella giornata di ieri, il leit motiv usato dai nostri politici è rimasto sempre lo stesso: “Abbiamo condiviso l’idea che bisogna tenere in equilibrio, così come Comune, Provincia e Regione hanno cercato faticosamente di fare in questi anni, le esigenze legate all’ambiente, alla salute dei cittadini e le esigenze legate al lavoro”. Inoltre, tanto per capire il senso di responsabilità dei nostri politici, Vendola & co. continuano a non avere vergogna nel sostenere che l’A.I.A. concessa all’Ilva nella scorsa estate, va ora rivista alla luce “delle evidenze scientifiche che sono emerse dalla perizia chimica e da quella epidemiologica attualmente all’attenzione della magistratura tarantina, che non sono soltanto un pezzo di un procedimento giudiziario, ma un insieme di notizie che meritano di essere immediatamente apprezzate, approfondite e valutate al tavolo dell’Aia”.
Dunque, se non fosse stato per la Procura di Taranto, ora Vendola, Florido e Stefàno starebbero ancora a guardare il cielo di Taranto, chiedendosi chi mai negli ultimi sessant’anni avesse inquinato il nostro territorio, proprio come hanno fatto sino al mese scorso. Per non parlare del fatto che Vendola & co. continuano ad immaginare “finanziamenti specifici per dare una risposta soddisfacente per il futuro della città”: per piacere, qualcuno li avvisi che il ministro del Lavoro Elsa Fornero, l’altro giorno ha dichiarato che non sa dove il Governo troverà le finanze necessarie per varare la riforma del mondo del lavoro. E i nostri prodi si aspettano l’arrivo di “finanziamenti” da Roma per il futuro della nostra città???
Ciò detto, tranne che per la tirata d’orecchie iniziale, non ci ha di certo sorpreso l’atteggiamento e la “versione” di Clini sull’intera vicenda. Il ministro “tecnico”, ha le idee molto chiare sul da farsi: “il nostro obiettivo e’ di trovare soluzioni che sono compatibili con la continuità produttiva, anzi compatibili con la riqualificazione e il miglioramento delle attività produttive”. Dunque, si procede spediti verso la famosa eco-compatibilità o ambientalizzazione degli impianti: termini che in realtà non vogliono dire nulla, ma che tanto piacciono alle aziende, ai nostri politici e ai sindacati. “Ci aspetta un lavoro di ricognizione delle soluzioni tecnologiche e organizzative che riducano le cause di inquinamento di sorgenti di rischio che sono evidenziate nelle perizie e che emergono anche dal monitoraggio effettuato a valle dell’Aia”. Poi la conferma di ciò che si sapeva già da qualche giorno: “La procedura é stata riaperta”. Cosa che in noi trova limitata soddisfazione. Visto che tutto questo discorso sull’Aia vale sino ad un certo punto.
E’ il solito specchietto per le allodole, utilizzato specie da chi non ha la minima intenzione di impegnarsi per iniziare a costruire un futuro senza la presenza invasiva sul territorio delle grandi industrie, Ilva in primis. Poi Clini, che forse non è perfettamente informato su quanto avvenuto in questi anni a Taranto, credendo di parlare a chi non mastica la materia ambientale, specie in tema di inquinamento, s’inerpica in una specie di lezione di legislazione ambientale a livello europeo. “Abbiamo un elemento in più al quale fare riferimento perché é entrata in vigore la nuova normativa tecnica di riferimento europeo che stabilisce le migliori tecnologie disponibili per le attività industriali in Europa che sono anche il riferimento obbligatorio per le procedure di autorizzazione. In sigla si chiamano Bref e riguardano anche i siti produttivi della siderurgia e dunque adottare questi riferimenti vuol dire anche applicare le normative europee”.
Ministro Clini, per sua conoscenza la informiamo che l’Ilva e i sindacati, oltre a qualche illuminata associazione ambientalista (che però oggi pare aver cambiato idea appoggiando un candidato sindaco che parla di chiusura dell’Ilva), sono almeno 2-3 anni che parlano di queste Bref: i primi dicendo che le hanno applicate tutte spendendo oltre 1 miliardo di euro, i secondi definendole la vera soluzione per ridurre l’inquinamento, quando in realtà sanno benissimo che trattasi solamente di misero effetto placebo.
Infine, anche il ministro Clini, evidentemente contento di quanto visto e appreso nell’incontro barese, appoggia la strada delle bonifiche: “Nelle prossime settimane faremo una riunione tecnica per esaminare le azioni che consentano concretamente di avviare il processo di messa in sicurezza e di bonifica dei siti industriali e delle altre aree comprese nel sito di interesse nazionale di Taranto”. Peccato che Taranto è un Sito di Interesse Nazionale dal 1988 (il che equivale a dire che tutti i politici comunali, provinciali e regionali, oltre alla Asl di Taranto sono direttamente responsabili per non essere intervenuti da quella data in poi) e soprattutto che anche Clini ignora volutamente che una bonifica può essere portata a termine solo ad impianti chiusi.
Infine, la chiusura in perfetto stile gattopardesco del ministro Clini: che manifesta “apprezzamento per il lavoro che la Regione Puglia e gli enti locali stanno facendo, per il lavoro che Arpa regionale sta conducendo. Stiamo lavorando insieme e dobbiamo continuare”. Insomma, “dobbiamo cambiare tutto affinché non cambi niente”.
Gianmario Leone
LA PROTESTA TELECOMANDATA
Se ragionassimo come qualche “eminente luminare” del Centro Studi Ilva, i 150 “operai” che ieri hanno protestato a Bari, andrebbero liquidati in poche righe, perché in numero di gran lunga minore rispetto agli oltre 11 mila lavoratori dell’Ilva di Taranto e quindi espressione solo di sé stessi e non rappresentativi dell’impresa siderurgica più grande d’Europa. Ma per nostra fortuna, non soffriamo
di tali “limitate” visioni politiche e sociali. Certo é che solo chi ha una visione tendente al basso
della nostra città, poteva realmente credere di “impressionare” qualcuno attraverso la creazione di un sedicente gruppo su facebook pro “Ilva e Taranto insieme”, o attraverso l’istituzione del misterioso
SIL (il “Servizio di Prevenzione e Protezione che garantisce specifici servizi a supporto delle aree operative, integrando l’azione di prevenzione e protezione, ed è composto da 37 persone”, previsto dall’art.31 del D.Lgs.81/2008).
Operazioni che hanno visto come approdo finale la “manifestazione”
di protesta di ieri, con tanto di striscione griffato con il simbolo dell’Ilva ed un altro con il nome del gruppo facebook. Onestamente un pò pochino in quanto a serietà e organizzazione. Anche perché lo
slogan “noi non ci stiamo” é vagamente aleatorio, così come parlare di demonizzazione di un’azienda che inquina e uccide, in primis gli operai, come dimostrato anche dalla perizia degli epidemiologi, appare pura demagogia. Noi sappiamo bene cosa pensano realmente gli operai dell’Ilva, il clima di intimidazione interno denunciato dagli stessi lavoratori, sui quali qualcuno ha pensato bene di speculare per aizzare un conflitto sociale di cui non sente il bisogno nessuno.
La nostra battaglia per ottenere giustizia e verità continuerà, avendo al primo posto proprio loro, gli operai: non solo per la tutela della loro salute, ma anche e soprattutto per spingere la politica a dare loro la possibilità di scegliere un altro lavoro nel prossimo futuro. Chi ha protestato ieri si facesse un bell’esame di coscienza: e si leggesse le cronache di queste ultime ore, che parlano di sequestri di discariche interne all’Ilva, che vanno nella direzione opposta alla tanto paventata eco compatibilità.
G.L.