«L’iter sta risultando davvero lungo e faticoso – ha commentato Vincenzo D’Onghia, consigliere comunale delegato al demanio marittimo – ogni volta che stiamo per raggiungere il traguardo troviamo un nuovo ostacolo. Ora ci auguriamo di poter avere tutti i pareri necessari per autorizzare il trasferimento». Il timore sullo sfondo è che possano presentarsi altri impedimenti e ritardi. Secondo Luciano Carriero, presidente della cooperativa ittica Cielo Azzurro, il tempo massimo è già stato superato: «Anche se il via libera per il trasferimento viene dato a marzo – spiega – la commercializzazione potrà avvenire soltanto a settembre. La classificazione delle acque di Mar Grande per la mitilicoltura, infatti, avrà una durata minima di sei mesi. Com’è noto le cozze sono un prodotto estivo, a partire da settembre cominceranno a marcire. Come faremo a venderle? La verità è che il trasferimento doveva avvenire già ad ottobre 2011».
Come se non bastasse questa preoccupazione, emerge anche la paura per la salubrità del novellame rimasto ancora nelle acque del primo seno di Mar Piccolo. Proprio ieri mattina, i tecnici della Asl hanno prelevato dei campioni dall’allevamento di Carriero. Il monitoraggio è ripreso in questi giorni dopo uno stop di circa tre mesi dovuto anche alle cattive condizioni climatiche. Fino a dicembre i risultati erano stati conformi, ma il rischio che i valori di Pcb possano salire è sempre dietro l’angolo.
Oltre all’urgenza di lasciare il primo seno prima che sia troppo tardi, i mitilicoltori avvertono un’altra forte preoccupazione. «Per lavorare in Mar Grande dovremo dotarci di impianti molto costosi, in grado di tutelare la sicurezza qualunque sia il moto ondoso – continua Carriero – servono circa 40mila euro, ma dove li prendiamo i soldi per sostenere questi oneri?». Per lui ed altri colleghi la soluzione ideale sarebbe quella di affrontare l’emergenza spostando subito gli allevamenti del primo seno nel secondo seno di Mar Piccolo, dove ci sarebbe sufficiente spazio. «In Mar Grande avremo l’incognita sui risultati della classificazione delle acque – sottolinea – se dovesse avere esito negativo, per noi sarebbe finita. Nel secondo seno questo rischio non c’è».
L’altro capitolo doloroso è quello relativo alle condizioni economiche in cui versano gli allevatori del primo seno. Dopo aver subito la distruzione del loro prodotto nel 2011 non sanno più come andare avanti. «C’è gente con le lacrime agli occhi, ridotta al lastrico per colpa delle industrie che hanno inquinato – prosegue Carriero – c’è chi non può pagare nemmeno il carburante per le imbarcazioni». Da qui l’appello rivolto ad Ascom e Camera di Commercio affinché adottino interventi tesi ad aiutare le aziende del settore in questa fase così drammatica: «C’è un tavolo di lavoro, a cui partecipano anche la associazioni di categoria, che si riunisce ogni mese – conclude il mitilicoltore – perché non fanno qualcosa per favorire l’accesso al credito? Noi abbiamo bisogno di atti pratici, non di parole».
Alessandra Congedo
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