La risposta al primo quesito da parte dei periti della Procura di Taranto sottolinea una situazione di pericolo per la salute della popolazione e dei lavoratori. Si legge infatti nelle conclusioni: Per quanto riguarda il primo quesito concernente “se dallo stabilimento ILVA s.p.a. si diffondano gas, vapori, sostanze aeriformi e sostanze solide (polveri ecc.), contenenti sostanze pericolose per la salute dei lavoratori operanti all’interno degli impianti e per la popolazione del vicino centro abitato di Taranto…” la risposta è affermativa.
Perché, dunque, è stato ignorato il primo quesito? Eppure questo offre già gli strumenti per emanare un’ ordinanza contingibile e urgente in applicazione dell’art. 54 del Dlgs 267/2000 che al comma 2 dice: ’’Il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta…provvedimenti contingibili e urgenti al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumita’ dei cittadini…’’.
Anche in presenza di norme specifiche in materia di inquinamento, il sindaco, come massima autorità sanitaria, conserva, infatti, i poteri di cui all’art. 13, comma 2, della legge n. 833/1978, e può ordinare, dove esistano pericoli che impongono interventi immediati, la cessazione di attività lavorative nocive e dannose per la salute pubblica, il tutto, fino all’ adozione degli strumenti idonei ad eliminare la situazione di pericolo. Lo stesso rapporto del NOE di Lecce evidenzia pericoli di rilevanza tale da giustificare il sequestro con immediata sospensione di attività delle acciaierie e del reparto gestione rottami ferrosi. In questo caso, perché il sindaco di Taranto non é intervenuto?
Anche la risposta al primo quesito è un’affermazione che quindi legittima un intervento finalizzato già solo alla prevenzione di un rischio sanitario, le cui conseguenze non devono essere accertate. L’indagine epidemiologica, infatti, offre solo il quadro dell’attuale situazione, in un’ottica di prevenzione primaria. Riteniamo pertanto che il sindaco abbia poteri e giustificati motivi per intraprendere un’azione immediata e decisiva a tutela della salute pubblica.
Il grave incidente del 28 febbraio all’ILVA, conferma inoltre che Taranto e provincia sono completamente esposte ai rischi degli impianti industriali. Ad oggi, come denunciato pubblicamente da Legamjonici, mancano adeguati e puntuali piani di emergenza esterni degli stabilimenti industriali a rischio. Esistono ritardi nell’applicazione della direttiva Seveso e la popolazione non riceve alcun tipo di informazione e di addestramento per affrontare le possibili conseguenze di tali incidenti. Legamjonici ha già, anche per questi motivi, presentato nell’ottobre del 2011 una petizione al Parlamento Europeo contro il progetto ‘’Tempa Rossa’’, della raffineria ENI di Taranto, che andrebbe ad aggravare una situazione di rischio già ora a livelli insostenibili. Nella petizione, che, dopo l’incendio all’ILVA verrà integrata, era già stato messo in evidenza come nella provincia di Taranto mancasse uno studio sull’effetto domino, obbligatorio in base alle Direttive 96/82/CE e 2003/105/CE.
Comunicato stampa di Legamjonici contro l’inquinamento
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