Per questo essere presenti questa mattina all’esterno del Tribunale di Taranto, al cui interno si svolgerà la prima udienza dell’incidente probatorio nell’inchiesta sull’inquinamento dell’Ilva portato avanti dal Gip Patrizia Todisco, è assolutamente fondamentale. Perché far sentire la vicinanza della cittadinanza alla Procura tarantina potrebbe essere la chiave di volta di un’inchiesta che si preannuncia lunga e molto, molto difficile. Lo dimostra quanto successo l’altro giorno a Torino: la sentenza del processo Eternit emessa dalla Procura piemontese (stesso discorso dicasi per quanto accaduto nel processo contro la Thyssen) seguito passo dopo passo dall’intera comunità di Casale Monferrato, dopo 30 anni di battaglie civili e legali, ha restituito loro giustizia e stabilito la reale verità dei fatti.
Giustizia e verità, appunto. Sono queste le uniche due parole che, da oggi, dovranno animare non solo la Procura di Taranto, ma soprattutto la gente di questa città. Perché sia chiara una cosa: qui nessuno sta portando avanti una “caccia alle streghe”; nessuno è animato da strane ossessioni né affetto da ansiose patologie. Semplicemente, dopo decenni di inquinamento ambientale, in cui fumi e veleni hanno inquinato tutto ciò che si poteva contaminare, anche questa terra merita di ottenere verità e giustizia. Niente di più e niente di meno.
Taranto ha bisogno di tornare a sperare in un futuro diverso, migliore. Ma queste rischiano di restare solo vuote parole colme di retorica, se da domani ognuno continuerà ad andare per la propria strada, convinto di essere nella ragione, confinando tutto il resto in campo “nemico”. Mettetevi bene in testa un semplice, ma efficace principio: Taranto non ha bisogno di messia, né di capi popolo improvvisati, né di leader o portabandiera. Non ha bisogno di “professorini” della politica o dell’ambientalismo che insegnino al resto della cittadinanza cosa si deve o non si deve fare, cosa si deve o non si deve dire.
Non ha bisogno di minacce, di ritorsioni, di ricatti occupazionali. Né di bugie, di omissioni, di “forse”, di “se” o di “ma”. Non ha bisogno di partitini e movimenti politici che spuntano come funghi dall’oggi al domani, portatori di chissà quale cambiamento del sistema. Non ha più bisogno, soprattutto, delle continue divisioni, dei puerili litigi, delle stupide invidie, delle lotte di quartiere tra persone che in realtà, a conti fatti, hanno l’unica colpa di amare in maniera differente questa città.
Non ha più bisogno di un ambientalismo oramai lacerato nel profondo da diatribe di quartiere che, ancora una volta, consentiranno alla solita politica di tornare al governo per i prossimi cinque anni. Signori, mettetevi l’anima in pace: il sistema non si cambia da “dentro” come più di qualcuno “sogna” ad occhi aperti. Non si cambia facendo entrare nel prossimo consiglio comunale appena un candidato di una delle decine di liste che affolleranno le schede elettorali delle comunali del prossimo 6 maggio (ammesso e non concesso che questo realmente avvenga).
Il sistema si cambia combattendolo dall’esterno; si cambia con una massa informata, consapevole, matura. Si cambia dando dei punti fermi e, soprattutto, scegliendo che strada prendere e fissando il punto di approdo al quale si vuol giungere. Perché, in tutta onestà, nessuno dubita del fatto che l’inchiesta e l’eventuale processo contro l’Ilva di Taranto, dureranno diversi anni. Ed è proprio nello spazio temporale di questi anni che si dovranno andare a collocare tutte quelle anime che sognano un futuro diverso.
Perché sognare una città senza più industrie è la cosa più bella e semplice da desiderare: ma farlo nella pratica è tutt’altra storia. Da domani tutti, nessuno escluso, ci dovremo impegnare anche e soprattutto in questo: nell’immaginare e nel portare avanti reali progetti alternativi, che possano esaltare le risorse “naturali” di questa città e della sua gente. E’ un lavoro arduo, difficilissimo, certo: ma è l’unica via realmente possibile da perseguire. E su questo sentiero di cambiamento potranno incamminarsi soltanto coloro che davvero amano in maniera disinteressata questa città nel più profondo del loro cuore. Soltanto coloro che saranno in grado di fare un passo indietro, da domani, per farne cento in avanti nei prossimi anni.
Diffidate dunque da chi, alla fine, cederà al canto delle sirene della politica e della corsa elettorale. Diffidate da chi è convinto di cambiare questa città attraverso qualche comunicato stampa. Da chi pensa che siccome è tra i pochi a “denunciare” il malaffare della nostra politica in tema di inquinamento ambientale ed interessi tra la grande industria ed una classe dirigente da sempre connivente, è per questo motivo “investito” da chissà quale missione civilizzatrice da portare avanti e per questo si sente “migliore” del resto dei tarantini. Diffidate da chi punta il dito contro chi sino all’altro giorno era al suo fianco nello stesso movimento o associazione. Diffidate da chi vi accuserà di essere arrivati solo oggi nel terreno di chi sogna un altro futuro per questo territorio.
Qui nessuno ha alcun titolo da primadonna. Nessuno è stato investito da chissà quale oracolo. Qui siamo tutti sulla stessa barca. Se davvero vogliamo ottenere giustizia, guardiamoci negli occhi, stringiamo un patto di ferro e incamminiamoci tutti insieme sullo stesso sentiero. Da percorrere anche e soprattutto insieme agli operai della grande industria, che potranno sentirsi parte di un reale cambiamento solo se ritaglieremo loro un posto da assoluti protagonisti: perché saranno anche loro a doverci indicare quei progetti alternativi che non dovranno lasciare nessuno solo senza un aiuto e un reale futuro. Se nei prossimi anni non faremo tutto questo, state pur certi che nessuna inchiesta e nessuna eventuale “condanna” potrà regalarci un futuro diverso dall’attuale.
Esserci oggi, come detto, è un dovere. Ognuno porterà in strada la sua storia di vita. Ognuno il suo profondo dolore. Perché esserci oggi, fuori da quel tribunale, è un qualcosa che dobbiamo, assolutamente, a chi non è più con noi. A chi ha pagato con la vita il sol fatto di vivere o lavorare nel posto sbagliato. Perché oggi possiamo riannodare quei fili che in questi anni ci hanno separato dai nostri morti e da tutti quei tarantini che hanno scelto di approdare altrove pur di vivere, ma che portano dentro di loro un amore puro ed eterno per questa bellissima città.
Esserci oggi non dovrà essere solo una “moda” del momento. Perché dovremo esserci anche tutte le altre volte che saranno disposte le udienze di un processo che ci vede tutti coinvolti. Dovremo essere forti, con la schiena dritta e lo sguardo fiero ed orgoglioso che ci hanno trasmesso i nostri antenati spartani. Abbiamo il diritto di avere giustizia. Abbiamo il dovere di costruire una città diversa. Per noi. Ma soprattutto per chi verrà dopo di noi. Perché ricordate: la Storia non condanna solo chi preme il grilletto di una pistola. Ma condanna anche chi non ha impedito o ha contribuito a che quel grilletto venisse premuto, pur potendolo evitare. E condanna anche chi, pur sapendo tutto questo, ha preferito voltare lo sguardo altrove per paura o troppa vigliaccheria.
Da oggi può ricominciare un’altra storia per questa città. Ma solo e soltanto se noi lo vorremo veramente. Oggi è un altro giorno Taranto: ora, non aver più paura. E combatti, fiera ed orgogliosa: sino all’ultimo respiro.
Gianmario Leone
g.leone@tarantoggi.it
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