Ilva, barriere e depistaggi – “Movimenti sospetti” in vista dell’udienza

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TARANTO – In vista dell’udienza dell’incidente probatorio di venerdì nell’inchiesta portata avanti dalla Procura di Taranto per iniziativa del GIP Patrizia Todisco, l’Ilva S.p.A serra i ranghi ed inizia a rinforzare i suoi muri difensivi, chiamando a sé tutti gli alleati e gli amici che “contano”. Non è un caso infatti, se questa mattina si chiuderà una settimana molto intensa per l’azienda della famiglia Riva, che ha pensato bene di giocarsi qualche asso per distogliere l’attenzione dai problemi reali, messi nero su bianco in maniera semplice ed inequivocabile dalla relazione stilata dai periti chimici nominati dalla Procura di Taranto e resa pubblica lo scorso 28 gennaio, sulla quale le nostre istituzioni continuano “stranamente” a tacere.

D’altronde, come altro si può definire se non come un ridicolo tentativo di depistaggio, la presentazione avvenuta esattamente una settimana fa da parte dell’Ilva della “campagna antifumo”? Sull’episodio abbiamo voluto stendere un velo di silenzio pietoso, ma presto ci torneremo su con la nostra classica ironia. Certo è che siamo ai limiti del paradosso se, senza colpo ferire, permettiamo ad una delle aziende più inquinanti d’Europa, di far partire una campagna contro il fumo (indirizzata guarda caso in primis agli operai che lavorano presso la cokeria: chissà perché?) che tra l’altro sarà condotta da un tal Fabio Beatrice, responsabile del centro antifumo ospedaliero di Torino. Come se a Taranto non ci fossero persone “degne” di portare avanti una campagna del genere: ancora una volta, dunque, si conferma il pensiero di questa azienda, che tratta questo territorio come una vera e propria colonia, nella quale far arrivare illuminati nordisti per “educarci” anche nelle cose più banali.

Nella giornata di ieri, poi, l’Ilva ha tenuto una nuova conferenza stampa nella quale ha illustrato il progetto delle famose “barriere frangivento”, che può “finalmente” partire dopo l’ok dato dal Comune di Taranto. L’opera prevede la realizzazione di una struttura con teloni di un’altezza di 21 metri disposti per un’estensione di 2000 metri lungo il fronte delle strade per Grottaglie e Statte, lungo il perimetro dei parchi minerali, in concomitanza con il completamento delle famose colline ecologiche. Il “progetto” dell’Ilva prevede anche un potenziamento dei meccanismi di irroramento e filmatura dei cumuli di minerali stoccati nei parchi (così come stabilito dagli atti d’intesa e dalla legge regionale a n t i – d i o s s i n a ) . L’obiettivo è quello di intercettare le polveri pesanti aero disperse nella misura del 50%, poi ieri magicamente diventata del 70%. Ma la sostanza, non cambia: perché per le polveri sottili il problema resta irrisolto. E, “casualmente”, sono proprio queste ultime (PM10 – PM2,5) le più insidiose per la salute umana in quanto più facilmente si incuneano nelle vie respiratorie veicolando sostanze altamente inquinanti e spesso cancerogene. In realtà il compito di questi teloni consiste più in un “contenimento del vento” che in una vera e propria barriera contro la diffusione delle polveri, visto che riuscirebbero ad intercettare solo le correnti orizzontali e non quelle verticali. L’Ilva, però, come un bambino capriccioso sbatte i pugni sul tavolo e si rifiuta di coprire i quattro parchi minerali per una mera questione di natura economica: null’altro.

Certamente, non è un problema di natura tecnica, visto che la copertura dei parchi minerali è del tutto fattibile, come venne dimostrato da un apposito progetto presentato nel 2005 dal Politecnico di Taranto, che prevedeva la realizzazione di particolari tensostrutture. Non solo. Si dia anche il caso che nel 2011, le due centraline di monitoraggio di via Archimede e via Machiavelli (vicinissime all’area industriale) hanno registrato superamenti dei limiti di legge previsti per la media giornaliera su base annuale del PM10: 40 in via Archimede e 45 in via Machiavelli. Dati che nella pratica rappresentano un rischio sanitario per la popolazione esposta. Diversi studi (SIDRIA, APHEA, MISA 1 e 2, SISTI) hanno infatti accertato la correlazione tra aumento dei livelli di PM10 e diverse patologie nel breve periodo con effetti sia in termini di ricoveri che di decessi. Particolarmente interessate sono malattie respiratorie e cardiache nel loro complesso, nelle quali Taranto risulta tra le prime città in Italia ad essere colpite con maggiore incidenza.

Ma all’Ilva tutto questo pare non interessare. Sempre nella conferenza stampa di ieri, è stato anche affrontato il problema del famoso “campionamento in continuo”. Che per la “povera” Ilva prevede due problemi diversi: uno di tipo normativo ed uno di tipo tecnologico. I metodi e le tecnologie per realizzare il campionamento in continuo sono attualmente solo tre (e l’AIA rilasciata lo scorso luglio all’Ilva prevede l’obbligo di installazione di uno di essi). Il primo, è il metodo del filtro condensatore e la tecnologia è prodotta dalla azienda italiana Tecora. Il secondo è il metodo della sonda raffreddata, la cui tecnologia è prodotta da un’azienda franco-tedesca, la Amesa. Il terzo è il metodo della diluizione, con tecnologia prodotta dall’austriaca DMS. Ad aprile del 2011, l’Ilva chiese tre mesi di tempo per capire, attraverso uno studio di fattibilità, quali di questi tre metodi potesse meglio adeguarsi alle caratteristiche degli impianti dello stabilimento.

C’è chi ieri ha anche affermato che sino ad oggi non esisterebbe alcuna normativa europea che impone tale campionamento in continuo, ma soltanto una “bozza di norma”. Non è vero. Esiste una normativa europea, la UNI EN 1948, in tema di “misura delle emissioni”, che è divisa in quattro parti: la quinta, attualmente in discussione al CEN (Comitato europeo di formazione), contemplerà questi tre metodi per il campionamento continuo. Ma sin quando la situazione resterà tale, si può comunque ottenere una “validazione” (ovvero confermare o meno che il metodo funziona, compiendo ad esempio alcuni prelievi manuali in parallelo a quello in continuo e confrontando i dati). Altrimenti come è possibile che in Francia ed in Belgio il campionamento in continuo è obbligatorio? Stesso discorso dicasi per gli 11 inceneritori presenti in Lombardia e per l’acciaieria Beltrame di Torino. O per le acciaierie di Borgo Valsugana in Trentino (già funzionante) e quelle di Terni (prescritto nell’AIA, da applicare). Lì, è divenuto obbligatorio dopo che la validazione aveva provato la fattibilità e la validità del campionamento in continuo. L’Ilva e la Regione Puglia, a tal proposito, rimandano la patata bollente al Ministero dell’Ambiente, reo di non aver ancora convocato dallo scorso maggio il tavolo tecnico in cui verrà scelto ufficialmente uno dei tre metodi esistenti. Sì è anche detto che la procedura esistente altrove non sia possibile da applicare all’Ilva di Taranto, a causa delle dimensioni dei “nostri” camini. Ma proprio in Trentino e a Terni sono presenti camini comparabili ai “nostri” e addirittura con un polverosità maggiore.

D’altronde, che i fumi polverosi provengano da un impianto di agglomerazione piuttosto che da una fonderia ad arco elettrico o da una centrale a carbone o da un cementificio, al sistema di campionamento poco importa. E’ infine importante sottolineare come sullo stesso campione prelevato in continuo per le diossine, è possibile determinare anche il livello della presenza di benzo(a)pirene e PCB. Ah, a proposito di diossina. Per questa mattina il Centro Studi Ilva ha organizzato la terza “conversazione” (sempre di narratori stiamo parlando, non dimenticatelo) su salute e inquinamento presso il Relais Histò San Pietro sul Mar Piccolo. L’incontro sarà l’occasione per continuare il confronto di idee sulla relazione tra inquinamento, ambiente e salute.

Protagonisti di questa conversazione saranno la diossina e il particolato. Parleranno il prof. Giorgio Assennato, Direttore Generale di Arpa Puglia, il dott. Michele Conversano, Direttore del Dipartimento di Prevenzione dell’Asl di Taranto, il prof. Carlo La Vecchia, Epidemiologo dell’Istituto Mario Negri di Milano e Membro del Comitato Scientifico del Centro Studi Ilva e il prof. Marcello Lotti, Ordinario del Dipartimento di Medicina Ambientale e Sanità Pubblica dell’Università degli Studi di Padova. Il moderatore del dibattito tra i partecipanti al convegno sarà il dott. Walter Baldacconi, Direttore della redazione televisiva Studio 100.

Inutile dirvi che alle due conferenze stampa “TarantoOggi” è stata l’unica testata a non essere invitata. Nel silenzio complice e generale anche degli altri mass media. Non che a noi ci sia dispiaciuto, anzi: soltanto l’ennesima conferma del fatto che tra noi, l’azienda Ilva ed i loro gestori ci sia un abisso, anche in termini di sensibilità ed educazione. E soprattutto, la possibilità di ribadire un concetto sempre di moda : ovvero, felici di non esservi mai piaciuti.

Gianmario Leone

g.leone@tarantooggi.it

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