Ilva, tra il “non detto” e l’autocompiacimento – Ieri a Tv7 (Rai Uno)

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TARANTO –  Esistono oltre 500 pagine di relazione, dense di dati e criticità, ma davanti alle telecamere di Rai 1, Adolfo Buffo (dirigente sicurezza e ambiente dell’Ilva) sintetizza così le sue valutazioni sul documento redatto dai periti incaricati dal gip Patrizia Todisco: «La perizia è abbastanza complessa, non abbiamo ancora completato l’esame  ma nelle conclusioni noi leggiamo che lo stabilimento rispetta i limiti di legge. Non è una novità, ce l’aspettavamo perché noi abbiamo investito 4,5 miliardi di euro proprio per innovare lo stabilimento da un punto di vista tecnologico e renderlo compatibile con le normative ambientali».

Insomma, in base alle dichiarazioni rilasciate alla giornalista di Tv7, non solo la situazione è pienamente sotto controllo, ma l’Ilva ha anche “diritto” all’autocompiacimento per il grande sforzo economico compiuto e i traguardi raggiunti. Chi si ferma a queste parole può anche tirare un sospiro di sollievo e dormire sonni sereni. Le conclusioni dei periti chimici, però, ci dipingono una realtà di tutt’altro genere. Torniamo a quel famoso documento che non tutti hanno avuto la premura di leggere approfonditamente, e apriamo pagina 534.

“I valori misurati alle emissioni dello stabilimento Ilva con gli auto controlli effettuati dal Gestore nell’anno 2010, risultano conformi sia a quelli stabiliti dalle precedenti autorizzazioni settoriali delle emissioni in atmosfera (ex Dpr 203/88) e sia ai valori limite previsti dal recente decreto di Aia del 5/08/2011″. Attenzione, però, a non fermarsi a questa frase.

E’ l’affermazione seguente, non riportata da Buffo, che ribalta la situazione: “Tali emissioni, però, in considerazione del fatto che, come dettagliato negli specifici capitoli, derivano da impianti dove sono svolte anche attività di recupero, mediante trattamenti termici, di rifiuti non pericolosi, ovvero materie prime secondarie, dovevano essere presidiate a partire dal 18 agosto 1999 da sistemi di controllo automatico in continuo dei parametri inquinanti previsti dal DM 5 febbraio 1998, modificato dal DM Ambiente 5 aprile 2006, n. 186 (…)”.

In seguito si legge: “allo stato attuale, alle emissioni derivanti da questi impianti non sono installati i sistemi di controllo in continuo né viene verificato il rispetto dei limiti dei parametri inquinanti previsti dal DM 5 febbraio 1998, tali emissioni non risultano conformi a quanto previsto dalla normativa nazionale in materia di trattamento termico dei rifiuti. Inoltre, poichè ai suddetti camini non sono installati sistemi di controllo in continuo di emissioni, non c’è alcun elemento che dimostri il rispetto dei limiti previsti dall’articolo 216, comma 1, 2 e 3 del D.Lgs. 152/2006 (…), con le modalità ivi prescritte né vi è alcun modo di verificarli”.

Che dire poi del corposo ed inquietante capitolo relativo alle emissioni diffuse e fuggitive, la maggiore pecca evidenziata dagli esperti? Di questo, ovviamente, il dirigente dell’Ilva non ha parlato, mentre ha liquidato l’emergenza sanitaria legata all’inquinamento con le seguenti parole:L’unico strumento che esiste per parlare di queste cose è il Registro Tumori. Tutto il resto sono numeri dati al lotto”. Oltre al poco elegante accostamento al gioco del lotto (quando si parla di vite spezzate o comunque segnate), sembra emergere anche la volontà di ridurre a carta straccia i vari studi finora condotti sulla mortalità e sull’incidenza delle malattie nel territorio ionico, a cominciare da “Sentieri”, ricerca coordinata dall’Istituto Superiore di Sanità. Intanto, venerdì 17 febbraio, presso il Tribunale di Taranto, è in programma l’udienza relativa all’inchiesta che vede indagati i vertici Ilva. In quell’occasione, si spera, saranno i fatti oggettivi (e non le verità di parte) a contare.  

Alessandra Congedo

Per vedere la trasmissione andata in onda ieri: httpv://www.youtube.com/watch?v=cUDY_qVrfGI

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