Piano di Emergenza Esterno, rispetto della legge “provvisorio” (per alcuni)

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TARANTO – La X Commissione Attività produttive nella giornata di ieri ha risposto all’interrogazione 5-05436 dell’on. Piefelice Zazzera, in merito al “Rispetto delle misure di sicurezza da parte della raffineria ENI di Taranto”, confermando come la città di Taranto, ad oggi, non sia ancora dotata di un “Piano di Emergenza Esterno definitivo per incidenti rilevanti”, visto che ancora mancano i Rapporti di Sicurezza definitivi di Ilva ed Eni.

Ma c’è poco di che stupirsi: qui siamo a Taranto, città nella quale queste aziende hanno sempre avuto mano libera nell’inquinare, così come nel decidere autonomamente il se, il come e il quando rispettare o meno la legge. Perché anche in questo caso, di questo si tratta: si dia il caso che esiste il Decreto Legislativo 17 agosto 1999, n. 334 (238 del 2005 e 139 del 2009) che obbliga le aziende a dotarsi di tale piano, per evitare i così detti casi di “incidente rilevante”: ovvero un evento quale “un’emissione, un incendio o un’esplosione di grande entità, dovuto a sviluppi incontrollati che si verificano durante l’attività di uno stabilimento, che dia luogo ad un pericolo grave, immediato o differito, per la salute umana o per l’ambiente, all’interno o all’esterno dello stabilimento, e in cui intervengano una o più sostanze pericolose”.

E’ bene ricordare infatti, che la Pianificazione di Emergenza Esterna ha come obiettivo primario quello di rispondere in modo tempestivo ad una emergenza industriale senza far subire alla popolazione esposta gli effetti dannosi dell’evento incidentale occorso, ovvero mitigando le conseguenze di quest’ultimo attraverso la riduzione dei danni. E’ bene inoltre precisare che gli effetti di un evento incidentale di natura chimica, ricadono sul territorio con una gravità di norma decrescente in relazione alla distanza dal punto di origine o di innesco dell’evento in questione. In base alla gravità degli effetti, il territorio esterno allo stabilimento è suddiviso in zone con diversi livelli di rischio.

C’è la zona di massima esposizione (o di sicuro impatto): rappresenta la zona immediatamente adiacente allo stabilimento ed è generalmente caratterizzata da effetti sanitari gravi, irreversibili; poi la zona di danno: rappresenta una zona dove le conseguenze dell’incidente sono ancora gravi, in particolare per alcune categorie di persone (bambini, anziani, malati, donne in gravidanza, ecc.); infine la zona di attenzione: rappresenta la zona più esterna all’incidente ed è caratterizzata da effetti generalmente non gravi.

Il Piano di Emergenza Esterno (PEE) è predisposto dal Prefetto, salve le diverse attribuzioni derivanti dall’applicazione dell’art. 72 del D.Lgs. 31-3-1998 n. 112. Il piano stabilisce inoltre i messaggi di emergenza da far eseguire ai sistemi di allarme, affinché la popolazione possa assumere le adeguate norme comportamentali, preventivamente, indicate dal Comune. La Prefettura di Taranto ha, da ultimo, approvato il Piano di Emergenza Esterno (P.E.E.) con provvedimento prefettizio n. 4213/2008/P.C. del 30.6.2008, quale rielaborazione del PEE edizione 15 luglio 2003. Il problema è che lo stesso documento ha carattere provvisorio non essendo ancora stata ultimata, in particolare per l’ENI, l’istruttoria del rapporto di sicurezza da presentare a cura dei gestori delle aziende interessate.

E così, ancora una volta, ci troviamo a vivere una situazione di limbo assoluto, in cui Ilva ed Eni si trovano nella posizione paradossale di avere l’ok provvisorio per continuare a produrre o a proseguire nei loro progetti, pur non rispettando in toto le leggi esistenti. Esiste tra l’altro un’informativa della Prefettura, che indica come per quanto riguarda l’Eni sono 143 gli eventi incidentali ritenuti credibili emersi dall’analisi incidentale, di cui 12 possono interessare aree oltre i confini dello stabilimento; mentre per l’Ilva dei 17 eventi incidentali ritenuti credibili emersi dall’analisi incidentale, solo tre sono tali da poter creare possibili danni oltre i confini dello stabilimento.

Ad esempio, ricordiamo come nello Studio di Impatto Ambientale per il progetto “Tempa Rossa” dell’Eni, manchi proprio l’analisi di incidente rilevante: cosa alquanto grave visto l’aumento di petroliere che arriveranno nella rada di Mar Grande (si prevede un aumento del traffico di petroliere di circa 90 unità in più all’anno), o l’aumento delle emissioni fuggitive del 12%. Morale della favola: siccome ancora oggi il Piano d’Emergenza è provvisorio, a Taranto provvisorio lo è anche il rispetto della legge. Ma solo per alcuni, non per tutti.  

Gianmario Leone

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