Ciò detto, lasciateci capire una cosa: ma il presunto aiuto economico che l’Eni (l’Ilva pare non interessata al momento) avrebbe intenzione di devolvere al Taranto calcio (si parla di una cifra tra i 600 e gli 800 mila euro), è per il Taranto o per dare ossigeno alle casse della famiglia D’Addario? Il dubbio è più che legittimo, visto che qui non si sta parlando di una sponsorizzazione da parte dell’Eni (cosa che avrebbe una sua logica specie nel mondo dello sport: ad esempio sono anni che sulle maglie della Sampdoria campeggia lo sponsor “Erg”o a Brindisi dove la squadra di basket é sponsorizzata dall’Enel), ma di aiuto diretto di un’azienda ad un imprenditore in gravissima situazione finanziaria, che oramai da tempo non riesce più a gestire, per mancanza di liquidità, il Taranto.
Aiuto diretto che nulla ha a che vedere con “pseudo compensazioni” di qualsivoglia natura da parte dell’Eni nei confronti del territorio: le compensazioni, infatti, sono regolate da una legge specifica e prevede investimenti solo in campo energetico (impianti fotovoltaici etc.) e non certamente finanziamenti una tantum a società sportive. Inoltre, qualcuno dovrebbe spiegarci perché l’Eni, dall’oggi al domani, si dice disposta ad aiutare un singolo imprenditore e non, ad esempio, l’intero settore delle imprese locali, attualmente in grave difficoltà. Così come non si capisce bene il perché, d’improvviso, l’Eni abbia trovato liquidità da investire in un qualcosa che appartiene a questo territorio e di forte legame sociale, proprio in un momento cruciale per i suoi investimenti nella Raffineria di Taranto.
E’ fin troppo semplice dunque intravedere tra le righe, l’ennesimo tentativo di “comprarsi” la silenziosa accondiscendenza da parte di un’intera città. Quella maglietta ed i suoi colori, racchiudono oltre un secolo di storia di questa città: gioie, amori, dolori, incancellabili per chi li ha vissuti. Se D’Addario non è più in grado di gestire il Taranto lo dica e si faccia da parte. Per chi ha vissuto la maglia rossoblu sui campetti di terra battuta nei dilettanti, sarà forse l’ennesimo dolore, ma certamente non sarà la fine del calcio a Taranto. E poi, scusate: ma una società che non riesce più a gestire economicamente una squadra in Lega Pro, come mai dovrebbe riuscirci in un campionato di Serie B? Meglio poveri, ma liberi: che salvi, ma schiavi.
Gianmario Leone
g.leone@tarantooggi.it
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