Florido e Stefàno dunque, sognano l’apertura di un tavolo permanente, che dovrebbe veder coinvolti i ministeri della Difesa, del Lavoro, degli Interni, delle Attività Produttive e dell’Ambiente, oltre alle imprese del territorio, che abbia come obiettivo finale quello di ottenere da parte del Governo centrale una sorta di “risarcimento”, accortisi soltanto oggi che il nostro territorio è stato sfruttato dalla Marina Militare e dalla grande industria (Ilva ed Eni su tutti) negli ultimi 150 anni, senza ottenere alcun reale beneficio in cambio, di qualsivoglia natura. Tale “risarcimento” dovrà servire a sfruttare le ingenti risorse e i tanti investimenti già in cantiere (in tempi brevi per bypassare le lungaggini burocratiche italiane) utili a risolvere una volta e per tutte i tanti problemi di Taranto.
La novità rispetto alla conferenza di sabato scorso tenuta da Florido e Stefàno, consiste nella richiesta da parte della Consulta dello Sviluppo di un coinvolgimento della Regione Puglia sia nella nuova “Vertenza Taranto”, che nel tavolo permanente. Ente regionale chiamato dalla Consulta a svolgere un ruolo di primo piano specialmente per quanto concerne la bonifica del Mar Piccolo: prioritario, in tal senso, che si ritrovino quei famosi 56 milioni di euro stanziati dalla Regione Puglia per la bonifica del rione Tamburi e poi dirottati altrove, precisamente nella provincia di Brindisi.
Ciò detto, più di qualche smemorato dovrebbe però ricordare che la Conferenza dei Servizi riunitasi a Roma in data 19.10.2006 al Ministero dell’Ambiente, stanziò ben 26 milioni di euro per l’area tarantina. Quasi un mese dopo, il 10.11.2006, si svolse una riunione a Palazzo di Governo in cui venne annunciato lo stanziamento di tre milioni di euro per effettuare l’analisi di rischio rispetto ai possibili interventi da attuare per il risanamento del Mar Piccolo di Taranto. Soldi utili per affrontare, si disse all’epoca, tutti gli aspetti tecnici per capire come intervenire e quali operazioni occorre mettere in campo per bonificare e riqualificare “uno specchio d’acqua dalle enormi potenzialità sia dal punto di vista economico-produttivo che ambientale e turistico”.
I tre milioni di euro facevano parte dei complessivi 10 milioni che la Regione Puglia mise a disposizione per affrontare e risolvere questa problematica. Che sommati ai 26 del Ministero dell’Ambiente fanno 36 milioni di euro spariti nel nulla. Gli enti che a vario titolo vennero coinvolti in quei progetti fantasma erano la Provincia di Taranto, Maridipart, Comune di Taranto, Prefettura, Arpa Puglia, Regione Puglia, Asl Ta/1, Sviluppo Italia, Autorità portuale. Oggi, questi stessi enti, che per anni hanno volutamente omesso di controllare e vigilare, oltre che prevenire, tornano a chiedere soldi al Governo e alla Regione Puglia per gli stessi motivi per cui li ricevettero anni addietro. Intanto oggi sarà redatto in via definitiva il documento da presentare a Roma nella giornata di domani: qualcosa ci dice che la missione romana dei nostri prodi, non produrrò gli effetti sperati
Gianmario Leone
Per scaricare il documento messo a punto dalla Consulta clicca qui: roma.sviluppo
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