Prima campagna (16-18 febbraio): media 1,055 – media decurtata incertezza 35% = 0,685
Seconda campagna (16-19 maggio): media 1,083, media decurata incertezza 35% = 0,704
Terza campagna (14-16 novembre): media 0,173, media decurtata incertezza 35% = 0,112
Infine, la quarta e ultima campagna (12-14 dicembre): media 0,085, media decurtata incertezza 35% = 0,055
Così, la media del 2011 risulta essere di 0,389 ng/m3.
Riportiamo di seguito il comunicato stampa trasmesso dalla Regione Puglia.
“Nel pieno di una drammatica crisi economico-finanziaria come quella stiamo vivendo, noi abbiamo avuto il coraggio di imporre ad uno dei più importanti gruppi industriali d’Europa, investimenti importanti per ambientalizzare i propri apparati produttivi. Quello che abbiamo fatto sulla diossina a Taranto non ha comparazioni in nessuna altra parte del mondo”. Ha commentato così il Presidente della Regione Puglia Nichi Vendola i dati assolutamente positivi presentati questa mattina in conferenza stampa, insieme all’Assessore Lorenzo Nicastro e al Direttore generale dell’Arpa Giorgio Assennato, sul monitoraggio delle diossine emesse dagli impianti di agglomerazione all’ILVA di Taranto.
“Soltanto la malafede – ha detto Vendola – può impedire di vedere il dato storico che presentiamo oggi. È il risultato di una legge che abbiamo voluto, ma che è stata molto contrastata, perchè sfuggiva alla logica di chi dice che bisogna o scegliere le ragioni del lavoro, o preferire la causa dell’ambiente, o militare per il diritto al reddito o militare per il diritto alla salute; in un’antica contrapposizione ideologica tra un ambientalismo che non vede il tema dell’occupazione, della crescita e dello sviluppo economico e un industrialismo cieco che non vede i problemi dell’impatto ambientale e sanitario”.
Sino al 1994, erano funzionanti due impianti di agglomerazione, AGL1 e AGL2, con emissione annua stimata di diossine di circa 800 grammi. Nel 2008 è stata approvatala legge regionale n. 44 sulle diossine che ha fissato il limite entro dicembre 2010 di 0.4 ngTEQ/Nm3.
“Si può cambiare la fabbrica? Questo è il tema – ha continuato Vendola – che abbiamo posto al Gruppo Riva. Noi abbiamo risposto che si deve cambiare la fabbrica. Abbiamo così costruito un percorso epocale, prima proponendo i cento punti qualificanti che dovevano, a nostro giudizio, ispirare la riscrittura del piano industriale, e poi approvando con coraggio quella legge che in due anni imponeva all’Ilva di portare le emissioni di diossina da 8-9 ng/Nm3 a 0,4ng/Nm3”.
I risultati dei rilevamenti parlano chiaro: i valori medi misurati nel corso del 2011 sono nettamente più bassi dei limiti inferiori dei range indicati nel documento europeo sulle migliori tecniche disponibili (0.5 ng/Nm3) e consentono di considerare risolti i problemi ambientali dovuti alle attuali emissioni della principale sorgente di diossine a Taranto.
“È un risultato di straordinaria importanza – ha continuato Vendola – che ci consente oggi di poter dire non soltanto che abbiamo voltato pagina, ma che abbiamo raggiunto l’obiettivo che era dentro la legge. Lo abbiamo fatto ignorando le fumisterie polemiche che vedono nella città di Taranto dei professionisti particolarmente virtuosi, preferendo guardare gli interessi dei cittadini di Taranto e di tutti i pugliesi”.
“A chi chiede conto del fatto – ha concluso Vendola – che oggi ci saranno comunque conseguenze per la salute dei cittadini a causa delle diossine, vorrei dire che il beneficio che abbiamo introdotto con l’ambientalizzazione degli apparati produttivi dell’Ilva non riguarda il passato, ma il presente e il futuro della città: da oggi non avremo più quella enorme quantità di veleno che per decenni e decenni è stata buttata fuori dai camini dell’Ilva. Tuttavia, con questa legge non abbiamo bonificato il territorio. Se prima non vengono rimosse le sorgenti attuali di inquinamento è difficile pensare ad una bonifica del territorio. Le bonifiche fanno parte di un’altra partita che noi abbiamo aperto su Brindisi e Taranto e che abbiamo parzialmente chiuso su Manfredonia, passando in quel caso, da un’emergenza ad un’eccellenza.
I risultati che presentiamo oggi sanano i nostri conti con il futuro, mentre i conti con il passato vanno risanati con un’altra prospettiva che è quella di avere le risorse sufficienti per fare la bonifica integrale del sito inquinato di interesse nazionale di Taranto”. Anche secondo l’Assessore Regionale all’Ecologia Lorenzo Nicastro “ i dati che presentiamo oggi consegnano finalmente alla città di Taranto una prospettiva di sviluppo che sappia coniugare ambiente e crescita economica”.
I nostri lettori sapranno sicuramente valutare tempi e modalità, soprattutto in merito all’ultima campagna, tirata fuori dal cilindro come il coniglio di un prestigiatore…
Alessandra Congedo
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grande Alessandra!!!
Potrebbe essere solo una sceneggiata per prendere tempo e convincere l'opinione pubblica chiamata a pronunciarsi con il Referendum consultivo per la chiusura dello stabilimento oppure per annacquare l'indagine della Procura della Repubblica per disastro ambientale. Ci vuole ben altro per avere le certezze di cui ha bisogno il popolo di Taranto. Prima di tutto il campionamento in continuo della diossina e degli altri numerosi veleni che vengono riversati sulla città e sul territorio. Poi l'allontanamento dei parchi minerali e dell'area a caldo dal centro abitato, la bonifica delle aree inquinate fino alle falde, i registri dei tumori con dati più recenti, l'indagine epidemiologica sulla popolazione, uno screening immediato sugli abitanti del Quartiere Tamburi e un accertamento concreto e trasparente delle sbandierate innovazioni e degli adeguamenti alle migliori tecnologie disponibili, che i responsabili dicono di aver realizzato. Il tutto con controllo della documentazione delle spese relative al miliardo di Euro, che essi sostengono di aver speso e che nessuno ha mai visto in concreto. Dulcis in fundo, vanno individuati i responsabili dell'avvelenamento del Mar Piccolo e della Rada di Mar Grande, che ha portato alla distruzione della Mitilicoltura e alla fame imprenditori e centinaia di famiglie, ha messo in ginocchio gli allevatori, compromesso gravemente l'agricoltura e rovinato l'immagine e l'export dei nostri prodotti, apportando danni incalcolabili all'economia locale e all'occupazione. Di tutto questo non parlano più quelli che pensano di vendere la pelle dell'orso, prima di averlo ucciso.