Taranto, addio bonifiche? Preoccupano le modifiche del Decreto Monti
Il Decreto Legge 6 dicembre 2011 n. 201 (Decreto Monti) meglio conosciuto come manovra “Salva Italia” e contenente “Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici”, è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 284 del 6 dicembre 2011 ed è entrato in vigore a partire dalla stessa data di pubblicazione: dopo l’approvazione della Camera e quella del Senato avvenuta nella giornata di ieri, è stato definitivamente convertito in legge. La notizia ci interessa molto da vicino: non solo perché la manovra allungherà le sue mani nelle nostre tasche ed inciderà pensioni e stipendi, ma perché in essa sono contenute alcune modifiche del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 “Norme in materia ambientale”. Più precisamente, sono stati alleggeriti alcuni oneri ambientali nei confronti delle imprese “che nello svolgimento della loro attività producono rifiuti speciali pericolosi e a rischio infettivo, sia quelle impegnate in interventi di bonifica o di messa in sicurezza degli impianti e delle reti tecnologiche” come previsto nell’art. 242 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152.
In pratica, il governo di tecnici bocconiani presieduto dal primo ministro Monti, oltre ad imporre nuovi tributi o aumentare l’aliquota di alcune tasse già esistenti seguendo il dogma del libero mercato che ha formato i suoi ministri, per far ripartire l’economia del nostro paese, ha deciso di “aiutare” le imprese riducendo e semplificando i loro oneri ed adempimenti in tema ambientale, piuttosto che scegliere di aiutare le imprese seguendo altre strade.
Tra i diversi alleggerimenti, quello che ci tocca più da vicino riguarda la “Bonifica dei siti inquinati: semplificazione degli adempimenti delle imprese” (art. 40, comma 5 del decreto in questione). Per semplificare l’iter degli adempimenti delle imprese in tema di “bonifica dei siti inquinati”, il comma 5 dell’art. 40 inserisce un nuovo periodo nel comma 7 dell’art. 242 del D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152. La sintesi contenuta nella Relazione tecnica del 6 dicembre 2011 recita: “La norma introduce la possibilità di articolare gli interventi di bonifica dei siti inquinati in fasi progettuali distinte nonché misure di semplificazione nelle attività di messa in sicurezza operativa dei medesimi siti e di manutenzione ordinaria e straordinaria di impianti e reti tecnologiche”.
E’ bene ricordare che l’art. 242 disciplina le procedure operative e amministrative che si applicano allorquando si verifichi un evento anche solo potenzialmente in grado di provocare inquinamento. In particolare, l’art. 242 242 del D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152 regolamenta le competenze in materia di bonifiche distribuendole tra Regione (commi 3, 4, 6 e 7), Provincia (comma 13) e Ministero dell’ambiente (comma 5). Il comma 7 dell’art. 242 si occupa proprio del “progetto operativo degli interventi di bonifica e di messa in sicurezza”, che deve sempre essere sottoposto alla valutazione della Regione da parte dell’impresa responsabile dell’inquinamento, dopo l’approvazione del documento di analisi di rischio.
Ma in cosa consiste da un punto di vista pratico la semplificazione prevista dal nuovo periodo che il “Decreto Monti” inserisce ora subito dopo il primo periodo del comma 7? Leggiamo insieme: “Nel caso di interventi di bonifica o di messa in sicurezza che presentino particolari complessità a causa della natura della contaminazione, degli interventi, delle dotazioni impiantistiche necessarie o dell’estensione dell’area interessata dagli interventi medesimi, il progetto operativa potrà essere articolato per fasi progettuali distinte così da rendere possibile la realizzazione degli interventi per singole aree o per fasi temporali successive”.
Inoltre, l’art. 40 comma 5 del D.L. 201/2011 sopprime le parole “con attività in esercizio” del comma 9 dell’art. 242 del D.Lgs. n. 152/2006 (art. 242 che, tra le tante altre cose, la norma del “decreto Salva Italia” nemmeno cita), trasformando il nuovo comma 9 art. 242 che recita nel seguente modo: “La messa in sicurezza operativa, riguardante i siti contaminati, garantisce una adeguata sicurezza sanitaria ed ambientale ed impedisce un’ulteriore propagazione dei contaminanti. I progetti di messa in sicurezza operativa sono accompagnati da accurati piani di monitoraggio dell’efficacia delle misure adottate ed indicano se all’atto della cessazione dell’attività si renderà necessario un intervento di bonifica o un intervento di messa in sicurezza permanente”. Infine, l’art. 40 comma 5 D.L. 201/2011, prevede che possano essere “autorizzati interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria e di messa in sicurezza degli impianti e delle reti tecnologiche, purché non compromettano la possibilità di effettuare o completare gli interventi di bonifica che siano condotti adottando appropriate misure di prevenzione dei rischi”.
Cosa vuol dire tutto quello che abbiamo appena tentato di spiegarvi? Semplicemente che, per l’ennesima volta in questo paese, l’ambiente e la salute dei cittadini sono confinati all’ultimo posto, svenduti agli interessi delle grandi aziende inquinanti. In pratica, ci troviamo di fronte ad una specie di “condono” nei confronti di quelli che sino all’altro giorno erano gli obblighi di bonifica dei siti contaminati da parte delle aziende inquinatrici.
Perché consentire ad un’azienda di procedere per singoli “progetti stralcio”, senza che si obblighi la stessa a produrre in tempi certi un piano che valuti complessivamente gli effetti ambientali e sanitari dell’intervento controllabile e verificabile da parte delle amministrazioni pubbliche, cos’altro è se non l’ennesima ignobile agevolazione? Perché consentire ad un’azienda di ricorrere allo strumento, un tempo provvisorio, della Messa in Sicurezza Operativa (MISO) invece che procedere ad una bonifica vera e propria, non solo quando un’attività industriale è in corso (com’era sino a ieri) ma anche nel caso in cui il sito sia stato addirittura abbandonato, cos’altro è se non un porre una pietra tombale su un territorio inquinato per decenni e che ha causato la distruzione di un intero ecosistema ed ha portato alla morte migliaia di persone?
In pratica, a partire proprio dalla nostra città inserita nei SIN (siti di interesse nazionale) dalla fine degli anni ’80, rischiamo di non veder mai partire (ammesso e non concesso che sull’argomento ci fosse una reale volontà da parte delle nostre istituzioni) la bonifica del Mar Piccolo, consentendo in primis alla Marina Militare di farla franca ancora una volta. Stesso discorso vale ad esempio per la questione dell’inquinamento della falda acquifera (e tutt’ora inquinata) in cui l’Ilva è esposta in prima persona (vedi ricorso al Tar di Lecce dell’azienda contro i provvedimenti presi nel verbale della Conferenza dei Servizi del 15 marzo 2011 svoltasi a Roma, n.d.r.). Ma l’elenco delle nostre criticità ambientali non si esaurisce di certo qui.
Ed allora, invece di andare dietro alle chiacchiere da bar da campagna elettorale di molti impegnati intellettuali e di alcuni mass media nostrani, o di farsi abbindolare da rapporti annuali degni delle migliori favole di Walt Disney, i nostri politici farebbero bene ad andare a bussare alla porta della famiglia Riva e pretendere quel risarcimento danni che per legge ci spetta. E che visto lo stato attuale delle cose, rischia di diventare la nostra unica ed ultima ancora di “salvezza”. “Odio gli indifferenti. Credo che vivere vuol dire essere partigiani. Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere cittadino, e parteggiare. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. L’indifferenza è il peso morto della storia. Perciò odio gli indifferenti”. (“Odio gli indifferenti”, Antonio Gramsci, Ales, 22 gennaio 1891 – Roma, 27 aprile 1937).
Gianmario Leone