Nell’introduzione della relazione, che tocca tutti i campi dell’ambiente, si legge che “I dati regionali di qualità dell’aria dell’anno 2010, confermano una situazione in progressivo miglioramento confermando il generale conseguimento dei valori limite e obiettivo per gli inquinanti monitorati. Tale tendenza è ascrivibile sia a condizioni meteo climatiche favorevoli, sia ad una diminuzione delle pressioni causate da attività produttive. Rispetto a questa generale tendenza, fa eccezione, per il PM10, la stazione di Torchiarolo (Br) collocata inun sito con caratteristiche singolari, e per ilenzo(a)pirene, marker degli IPA, la stazione di Taranto – via Machiavelli del rione Tamburi. Come nell’anno 2009, infatti, in questosito di monitoraggio è stato superato il valore obiettivdi 1,0 ng/m3 calcolato come media annuale“. In attesa di conoscere i dati sul 2011, arriva scontata la conferma che sia nel 2009 che nel 2010, al rione Tamburi il valore del benzo(a)pireneha superato il valore obiettivo.
Ed è bene ricordare come nella Relazione Tecnica del 4 giugno 2010, sempre di Arpa Puglia, veniva certificato come il 98% delle emissioni di IPA registrate dalla centralina di via Machiavelli, fossero da addebitare alle cokerie del siderurgico Ilva. Gli Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA), composti organici caratterizzati da una struttura ad anelli aromatici condensati, stabili, poco volatili e facilmente soggetti ad adsorbimento su particolato.
Le principali fonti di emissione di IPA sono rappresentate dal traffico autoveicolare e dagli impianti di riscaldamento domestico; in ambito industriale, invece, da tutti i processi che comportano combustione incompleta e pirolisi di materiale organico: processi di produzione dell’energia termoelettrica, processi legati a impianti di incenerimento e siderurgici: in pratica quanto di “meglio” possa offrire il tessuto industriale del nostro territorio. Gli IPA, inoltre, rivestono una forte importanza tossicologica. In particolare il Benzo (a)pirene é classificato dall’IARC nel gruppo 1 come cancerogeno per l’uomo.
Dopo questa piccola ma necessaria introduzione, la Relazione analizza la situazione di ogni singola Provincia, inquinante per inquinante. Per quanto riguaril PM10, la normativa vigente stabilisce due valori limite calcolati su due differenti tempi di mediazione: 40 g/m3 su media annuale e 50g/m3 su media giornaliera da non superare più di 35 volte all’anno. Nel 2010, la sola provincia di Brindisi ha superato il limite. Ma nel 2011 Arpa Puglia ci avvisa che le centraline di via Machiavelli e via Archimede, nel quartiere Tamburi, hanno raggiunto – rispettivamente – quota 45 e 40 superamenti per quanto concerne le polveri sottili (PM10).
Dopo aver analizzato le emissioni di PM2.5, degli ossidi di azoto (NOx) (che comunque per la regione Puglia risultano essere superiori a tutte le altre regioni italiane, così come avviene per le emissioni di monossido di carbonio (CO) e di ossidi di zolfo (SOx) anche se in quest’ultime ci supera lasola Sicilia, n.d.r.), di benzene e dei metalli pesanti chenon hanno registrato sforamentdei valori limite, ed aver sottolineato come l’inquinamento da ozono sia un fenomeno tipicamente stagionale, accentuato nei mesi più caldi dell’anno, arriva il turno della famosa CO2, finita al centro delle polemiche negli ultimi tempi, in merito alla questione della nuova centrale Enipower.
Ebbene, dal 1990 al 2005, Taranto è stata la città di gran lunga più responsabile di emissioni di CO2 totale (le emissioni in atmosfera dei Gas Serra sono considerate, ad oggi, tra le principali cause che determinano il surriscaldamento del clima terrestre come confermato dalla Comunità scientifica internazionale (L’Intergovernamental Panel on Climate Change di Kyoto) costantemente sopra i 20 milioni di tonnellate annue.
Anche per quanto concerne le emissioni industriali di CO2, dal 1990 al 2010, Taranto risulta ancora la città con ma maggiore incidenza con oltre 25 milioni tonnellate del 1990 alle oltre 18 milioni di tonnellate annue del 2010. Ora: secondo quanto previsto dagli impegni sottoscritti dall’Italia nell’ambito del Protocollo di Kyoto, l’obiettivo nazionale è quello di ridurre le emissioni di CO2 nel 2012 del 6,5% rispetto al 1990. Se, per ipotesi, si applicasse lo stesso criterio a livello regionale, l’obiettivo per la Puglia nel 2012 sarebbe quello di non superare la soglia emissiva di circa 37,1 milioni di tonnellate/anno. “Analizzando il trend delle emissioni di CO2 – si legge nella relazione – risulta che tale ipotetico obiettivo regionale non sarebbe raggiungibile, se non a seguito di un mantenimento dei livelli produttivi (di recessione) rilevati nel 2009“.
Tornando infine alla questione degli IPA, le emissioni in atmosfera della Puglia, secondo il Registro INES/EPRTR nel 2007 rappresentavano circa l’80,86% delle emissioni nazionali con un valore pari a 1.512 kg/anno. La dichiarazione INES/EPRTR riferita all’anno 2009 vede le emissioni di IPA ridursi di circa 200 kg/anno e con un contributo pari al 20,9% del dato di emissione nazionale. Ma come sottolinea la stessa relazione dell’Arpa, tale diminuzione non appare realistica e necessita di una rivisitazione dell’intera serie storica dei dati emissivi di IPA (richiesta da ARPA Puglia all’autorità competente (ISPRA) in materia di validazione delle dichiarazioni INES).
E così, nonostante si sia iniziato un processo di miglioramento della qualità dell’aria, in particolare per quel che concerne le riduzioni delle emissioni industriali, la Puglia risulta ancora la regione con le maggiori emissioni in atmosfera di carattere industriale per varie sostanze inquinanti (PCDD+PCDF, PM10, CO ed NOx) a livello nazionale.
E pensare che a fronte di ciò, c’è chi oggi sostiene che l’Ilva sia oramai un azienda modello a livello europeo grazie a delle ridicole campagne di rilevazione di emissioni di diossina e furani dal camino E-312, che avvengono 9 giorni all’anno su 365 e che nonostante ciò il totale di esse ha sforato il limite di 0,4 ng/ m3 previsto dalla legge regionale n. 44 entrata in vigore lo scorso 31 dicembre 2010. Oppure si sostiene che far aumentare le emissioni di CO2 con la nuova centrale Enipower di oltre il 600%, quelle fuggitive del 12% con il progetto “Tempa Rossa” dell’Eni o consentire l’aumento di produzione alla nuova Cementir con annesso inceneritore di rifiuti nuovo di zecca, rappresenti il nostro prossimo “roseo” futuro.
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