Le fonti storiche costituiscono un utile strumento per esercitare il libero arbitrio. Dieci anni cruciali per l’evoluzione auspicata e per il crollo che ha portato il territorio jonico a diventare la pecora nera europea per inquinamento, insalubrità dell’aria e degli alimenti. Gli argomenti trattati propongono al lettore un’analisi attenta e multidisciplinare affinché ognuno possa esercitare attraverso il proprio giudizio critico, il diritto di scelta del proprio futuro. Gli argomenti trattati affrontano trasversalmente gli avvenimenti cruciali nella città “siderurgica” nel decennio più drammatico ed entusiasmante: gli anni ’70.
«Da casa della mamma si andava sul terrazzo e giorno per giorno si vedeva che buttavano giù queste masserie, radevano al suolo tutti questi alberi di ulivo, vigne… Tanto, dicevamo, è lontano. Chi pensava che ce lo portavano proprio sotto le finestre di casa nostra? Queste macchine così grandi, noi era la prima volta che vedevamo questi camion così enormi, che passavano il primo piano. Quando passavano per la strada, passavano da sotto casa nostra, tremavano le palazzine. Le ruote erano una cosa spaventosa tanto che erano grandi. E facevano và e vieni, và e vieni fino a quando hanno distrutto tutta la campagna» (testimonianza di una anziana abitante del quartiere Tamburi, registrata dalla dott.ssa Antonella De Palma, in «Corriere del Giorno», 10 luglio 2010).
Dalla prefazione al volume del coordinatore del Progetto Roberto Nistri : […]Se in Italia gli anni Settanta sono stati riduttivamente qualificati come gli «anni di piombo», a Taranto possono essere certamente ricordati come gli «anni dell’acciaio», nel complesso una memoria non infelice. Mentre nel Mezzogiorno andavano accentuandosi sempre più le differenziazioni interne presentando un paesaggio economico «a pelle di leopardo», seguendo la distinzione di Rossi-Doria fra «polpa» e «osso», Taranto poteva vantare una bella fetta di «polpa». La cittadinanza poteva finalmente godersi il suo «miracolo economico» in ritardo, assistendo ad una crescita continua del reddito pro capite e assumendo con comprensibile orgoglio la nuova identità di «capitale dell’acciaio». Con il raddoppio dell’insediamento siderurgico, la Megamacchina celebrava i propri trionfi, alimentando l’illusione di una crescita illimitata tanto della produzione quanto dell’occupazione, una fantasia destinata a dissolversi nel decennio successivo. […]
Questa truffa sta dilagando in tutta Italia, e questa volta la storia si ripete nel…
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