«Ilva tra le industrie piu’ moderne e sostenibili al mondo? Azienda modello da seguire a livello internazionale? Ma visto che sono così’ bravi, cosa aspettano allora a risolvere l’annoso problema dei parchi minerali che continuano ad avvelenare l’aria e il Rione Tamburi, ad installare il sistema di monitoraggio in continuo delle diossine, a ridurre le emissioni di benzo(a)pirene e a ritirare il ricorso fatto contro l’Aia rilasciata dal ministero?». E’ quanto scrivono in una nota congiunta Stefano Ciafani, responsabile scientifico nazionale, e Lunetta Franco, presidente del circolo locale.
«Nei giorni scorsi – continuano i due dirigenti dell’associazione ambientalista – abbiamo assistito al giubilo di gran parte dei commenti sui risultati ottenuti grazie agli investimenti fatti dall’azienda sugli impianti siderurgici. Vogliamo però ricordare come l’azienda non abbia fatto i principali interventi sugli impatti ambientali in modo volontario, ma solo perché costretta dalla mobilitazione della città, delle associazioni, degli enti locali e di controllo e di parte del sindacato.
Ricordiamo infatti che l’Ilva che oggi si vanta della riduzione delle emissioni di diossina, durante la discussione di quella che sarebbe diventata la legge regionale contro questo inquinante cancerogeno, si ostinava con arroganza – spalleggiata in modo imbarazzante dal Governo e dall’ex ministro dell’ambiente Stefania Prestigiacomo – a sostenere che era tecnicamente impossibile stare sotto al limite di 0,4 nanogrammi per metro cubo. E invece avevamo ragione noi, come dimostrano oggi gli importanti risultati raggiunti.
Troviamo poi risibile citare in quel modo assolutamente strumentale – continua la nota di Legambiente – i nostri dati sull’inquinamento da polveri sottili dei capoluoghi di provincia italiani. E i 42 superamenti del PM10 registrati quest’anno (fino al 28 novembre) dalla centralina di via Machiavelli da chi sono causati? Forse dal traffico , quasi inesistente in quella via?
Ma davvero Ilva pensa che quelle nuvole di fumo e gas tossici emessi dai camini e dagli impianti e di polveri liberate dai parchi minerali, siano solo un effetto ottico o la solita invenzione degli ambientalisti cattivi che hanno pregiudizi contro l’azienda? Se la città di Taranto, invece che affacciata sul mare, fosse situata in Pianura Padana, dove le condizioni climatiche e geografiche non permettono la circolazione dell’aria, avrebbe risultati ben diversi. E quindi la si smetta di citare in modo distorto i nostri dati per argomentare una qualità dell’aria a Taranto che non è proprio salubre come la vuole vendere Ilva con i suoi proclami.
Per quanto concerne infine la voglia dell’azienda di instaurare un confronto franco e sereno con la città – concludono Stefano Ciafani e Lunetta Franco -, siamo disponibili a farlo. Ma solo se Ilva dimostrerà di passare dalle parole ai fatti, ritirando in primis quell’imbarazzante ricorso fatto contro l’Aia che, nonostante le nostre grandi riserve su diversi prescrizioni che restano blande e, in alcuni casi, troppo vaghe,, resta un punto di partenza per un ulteriore ammodernamento impiantistico. Un ricorso che se non verrà ritirato, non potremo che considerare come una nuova dichiarazione di guerra nei confronti della città e della salute dei cittadini e dei lavoratori».
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