Ilva, Peacelink si sofferma sui problemi ancora irrisolti
La diossina è finalmente scesa sotto il limite di 0,4 ng/m3 (nanogrammi a metro cubo). Il risultato ottenuto dall’Ilva viene dopo una forte pressione dell’opinione pubblica e dopo una legge regionale che l’azienda ha cercato di contrastare in tutti i modi. Ora è evidente che avevamo ragione noi. Ora è chiaro che anche a Taranto si possono ottenere quei “risultati europei” che Ilva continuava a negare di poter raggiungere. Ora è chiaro che si è potuto fare un grande passo in avanti senza licenziare una sola persona ma proteggendo le ragioni di tutti. Va detto che questo è il primo e tardivo risultato positivo, dopo che nelle precedenti campagne il limite di 0,4 ng/m3 era stato sempre sforato. Forse l’azienda utilizzava carboni attivi di non eccellente qualità?
L’Ilva ha comunque sforato la media annuale di 0,4 ng/m3 e quindi la Regione dovrà provvedere ad applicare le sanzioni previste dalla legge regionale sulla diossina. Andrà applicato il controllo continuativo (il cosiddetto “campionamento continuo”) della diossina contemplato nell’AIA e nella legge antidiossina. Se l’azienda non si opporrà al campionamento continuo vuol dire che il processo è stato portato sotto controllo, se riscontreremo invece resistenze vorrà dire che l’azienda non è sicura di poter mantenere le buone prestazioni evidenziate nei controlli dell’Arpa. La gente vuole essere certa che la riduzione delle emissioni di diossina non avvenga solo durante i controlli ma durante tutto il ciclo di produzione, sia di giorno, sia di notte.
Altro elemento importante che rimane da controllare è costituito dalle emissioni diffuse e fuggitive che a Taranto costituiscono la vera criticità dell’impianto di agglomerazione. Chiediamo che vengano piazzate delle telecamere di monitoraggio su tutti i “big bag” che vengono riempiti “in continuo” con le polveri degli elettrofiltri e da cui possono fuoriuscire polveri con diossina. In una recente interrogazione parlamentare dell’on. Marco Zacchera (PDL) è stata focalizzata l’attenzione proprio su questo aspetto importante. Le polveri degli elettrofiltri hanno un'”impronta” molto simile alle deposizioni di diossina che hanno contaminato il quartiere Tamburi e le masserie.
A questo proposito è di estremo interesse quanto si legge sull‘interrogazione parlamentare dell’on. Marco Zacchera (PDL) che ha chiesto al governo: se – allo scopo di svolgere un’azione di protezione preventiva dell’ambiente e della salute dei cittadini – abbia mai ordinato o sollecitato una ispezione per verificare lo stato degli elettrofiltri del camino E312 dell’Ilva e della loro tenuta (per evitare emissioni «diffuse» di diossina), nonché della tubatura che porta tali polveri con nei «big bag», nonché del sistema di riempimento di tali sacchi, in considerazione del fatto che il «profilo» (o «impronta») delle diossine che sono ricadute su una vasta area attorno all’Ilva appare estremamente simile al «profilo» delle diossine delle polveri degli elettrofiltri; se ritenga opportuno pubblicare on-line i dati di tutte le polveri degli elettrofiltri, le loro destinazioni negli anni passati, le discariche e le modalità di smaltimento con cui sono state trattate; a quanto ammonti il quantitativo totale annuo di polveri con diossine trattenute dagli elettrofiltri del camino E312; a quale discarica siano state portate in passato e a quale siano destinate oggi; se si ritenga utile, alla luce dell’emergenza attuale, verificare attualmente quantità e stato di messa in sicurezza di tali polveri, sia di quelle degli anni passati sia di quelle attualmente gestite; se risulti che, tutte le polveri con diossina siano state effettivamente stoccate in siti idonei e quali; se risulti se vi siano stati incidenti con dispersioni di polveri con diossina, sia in azienda sia al di fuori nel trasporto nazionale; se risulti che tali polveri con diossina siano sempre state in idonei sacchi o se vi siano stati periodi in cui le polveri siano state lasciate sul suolo e al vento, come le polveri del parco minerali, senza apposita protezione da eventuali fenomeni di dispersione; se l’attuale sistema di raccolta delle polveri con diossina sia sicuro, se vi siano stati incendi e se si intenda far sì che tale riempimento avvenga senza dispersione alcuna; in che misura sia stato verificato l’eventuale danno causato da queste polveri con diossina; se sia verosimile che una parte di queste polveri siano finite sulla zona circostante e, quindi, anche nel mare (Seduta Camera Deputati n. 523 del 22/9/2011).
Infine va detto che il 2011 verrà ricordato come l’anno del contemporaneo sforamento nel quartiere Tamburi sia delle polveri sottili (PM10) sia del benzo(a)pirene e condividiamo il pressing del Direttore Generale dell’Arpa su questi fronti, nel suo intervento alla presentazione dei dati dell’Ilva su ambiente e sicurezza. Contrariamente a quanto si può pensare non è questo il momento di cantare vittoria. Infatti l’Ilva si oppone ai controlli dell’AIA con un ricorso al TAR. Questo fa ripiombare l’azienda in un atteggiamento di chiusura ai controlli, proprio ora che a parole vanta di aver raggiunto importanti risultati. Per poter certificare effettivi passi in avanti l’Ilva andrebbe monitorata sugli IPA con centraline per il controllo in tempo reale dei punti critici e con videocamere a visione diurna e notturna costante puntate sui punti di emissione dei fumi, di quei fumi scuri e inquinanti della cokeria che ancora adesso vediamo e che ci preoccupano.
Comunicato stampa di Alessandro Marescotti (presidente di PeaceLink)