Marina Militare, vittime del dovere. Risarcimento da 200mila euro per morte da mesotelioma

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Vince un’altra battaglia l’associazione ‘Contramianto e altri rischi onlus’ per il riconoscimento di Stato per gli ammalati di amianto vittime del dovere. Il tutto partì dopo l’approvazione della equiparazione con il parere positivo del Consiglio di Stato del 4 maggio 2010, quando Contramianto attivò tutte le procedure per “gli aventi diritto personale civile e militare del Ministero della Difesa affetto da patologie asbesto-correlate dipendenti da causa di servizio e riconducibili alle particolari condizioni ambientali ed operative”.

E proprio negli scorsi giorni, con l’attestazione di Equiparato alle Vittime del Dovere, è stato riconosciuto dal Ministero della Difesa per uno di quei casi il primo beneficio pari a 200.000 euro: la somma sarà corrisposta agli eredi di un sottufficiale della Marina Militare deceduto a causa di mesotelioma, che si era rivolto a Contramianto nel 2005 per ottenere giustizia.

“Una somma di denaro che certamente non porterà in vita il proprio caro – commentano da Contramianto – ma che riconosce la gravità delle esposizioni all’amianto subite a bordo delle navi e negli Arsenali della Marina Militare ed evidenzia la correlazione lavorativa dei casi di mesotelioma, asbestosi e placche con una crescita costante degli ammalati di amianto tra i dipendenti civili e militari”.

Una crescita di casi che con il passare del tempo non si arresta ed esprime con sempre maggiore chiarezza e sgomento, quanto l’amianto sia stato massicciamente usato nel naviglio militare con conseguenze drammatiche sulla salute dei lavoratori. L’amianto utilizzato dalla Marina Militare non ha risparmiato nessuno, distribuendo senza troppa differenza, gli effetti sugli esposti alle fibre cancerogene: infatti, la casistica riguarda indistintamente militari, civili e lavoratori indiretti delle ditte.

Un diritto di conoscenza portato avanti nel corso di questi anni da Luciano Carleo ed Ignazio Barbuto coofondatori di ‘Contramianto e altri rischi onlus’, “nella consapevolezza che solo una puntuale ricostruzione delle attività lavorative svolte in Marina Militare e dei luoghi contaminati dall’amianto a bordo di navi e sommergibili e nelle officine degli Arsenali avrebbe finalmente chiarito come le esposizioni alle polveri cancerogene di amianto siano state significative nel corso dei decenni”.

E’ infatti quanto mai importante ricordare e non dimenticare che i danni provocati dall’amianto erano ben noti ai vertici della Marina Militare, così come gli effetti cancerogeni: nel 1968 infatti, la Marina Militare commissionò una indagine epidemiologica all’Istituto di Medicina del Lavoro dell’Università di Bari sugli operai dell’Arsenale di Taranto, dalla quale emersero casi di neoplasie polmonari in molti lavoratori esposti ad amianto, ma non vi fu mai, da parte dei vertici militari del periodo, nessuna informazione ai dipendenti del rischio amianto nelle attività in officina e a bordo delle navi. Ma nessuno si prese la briga di informare gli operai e di sospendere i lavori: tutto proseguì come nulla fosse. Solo con la Legge 257 del 1992 infatti veniva bandito l’uso dell’amianto, ma non il divieto alle esposizioni che sono continuate anche negli anni seguenti.

“Le 600 tonnellate di amianto in gran parte friabile rimosso sino a fine 2000 da navi e sommergibili e dai macchinari delle officine del solo Arsenale di Taranto, la dice lunga sulla contaminazione dei luoghi di lavoro dove le attività venivano svolte lavorando con l’amianto, rimuovendolo da tubi e caldaie, tagliando pannelli e costruendo guarnizioni, sostituendo cavi e saldando”.

Intanto le bonifiche di amianto dal naviglio continuano e crescono anche i casi di mesotelioma, il tumore causato dall’amianto: “sono 42 i casi di mesotelioma registrati da Contramianto con una incremento purtroppo costante ma che rappresenta solo una parte degli oltre 600 casi rilevati a livello nazionale e per 223 dei quali la Procura di Torino ha iscritto sul registro degli indagati dodici tra capi di Stato Maggiore della marina e vertici militari con l’ipotesi di reato di disastro colposo e omissione dolosa di cautele antinfortunistiche”.

E così, oltre ai malati e ai morti per amianto, ci ritroviamo anche un Mar Piccolo inquinato in gran parte sempre dall’arsenale della Marina Militare: nonostante tutto ciò, ancora oggi, a 2011 inoltrato, siamo tutti in attesa di conoscere il responso della Marina (che nel frattempo si diverte a giocare a battaglia navale con gli amici della Marina russa) sulla concessione ai mitilicoltori di alcune aree del Mar Grande.

Gianmario Leone

g.leone@tarantooggi.it

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