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Sit-in contro i Vel-Eni, Legamjonici ribadisce il “no”al progetto Tempa Rossa

TARANTO – Il megafono passa in mano in mano mentre il sit-in prende forma sotto un’innocua pioggerellina. Le parole dei manifestanti si scagliano soprattutto contro il progetto “Tempa Rossa” ed il temuto rischio di nuove emissioni inquinanti in un territorio già martoriato. Nei giorni scorsi il direttore dello stabilimento Eni, Carlo Guarrata, ha provato a rassicurare la cittadinanza affermando alle tv e alla  stampa locale che il progetto “non inciderà sull’impatto ambientale”, ma gli ambientalisti di Legamjonici non si sono fatti convincere.

Con loro, davanti alla Raffineria Eni, ci sono i rappresentanti di varie associazioni e comitati. Tra questi Taranto Lider, Associazione 12 giugno, Comitato di Quartiere Tamburi, Eticambiente ed AltaMarea. Sulla manifestazione, però, soffia anche il vento dell’ambientalismo lucano, legato alla realtà ionica da un filo nero come il petrolio che partendo da Tempa Rossa di Corleto Perticara raggiungerà la Raffineria di Taranto. A testimoniare l’alleanza tra  queste due terre “ferite” ci pensano Antonio Bavusi dell’Ola (Organizzazione Lucana Ambientalista) e Maurizio Bolognetti, segretario dei Radicali Lucani.

Davanti all’ingresso dello stabilimento sosta il camper di sMemorandum, l’iniziativa itinerante voluta da Ola, Movimento No Scorie Trisaia, Ola Channel e Rifiuti Connection.it, partita lo scorso 6 agosto da Policoro, che intende informare i cittadini sui rischi del petrolio: dal momento in cui si trivella un pozzo fino alle fasi di trattamento nei centri olii e nelle raffinerie come quella tarantina. «Non esiste solo un inquinamento dell’aria – ha spiegato Bavusi – è da quattro anni che la diga del Pertusillo è in seria difficoltà. Tramite  analisi fatte da laboratori indipendenti sono stati trovati metalli pesanti nell’acqua e idrocarburi nei sedimenti, sostanze che nessun depuratore funzionante può  eliminare. Quest’acqua, purtroppo, arriva nei rubinetti di voi tarantini che rischiate di avvelenarvi anche bevendo».

I punti critici

Dalla voce di Daniela Spera, coordinatrice di Legamjonici, sono emerse le motivazioni di un “no” al progetto “Tempa Rossa” che non ammette i “se” e  i “ma”. Diversi i  punti contestati.«Non è stata presa in considerazione la valutazione di Arpa Puglia sull’aumento delle emissioni diffuse e fuggitive – ha spiegato la Spera – nello Studio di impatto ambientale, l’impatto dell’opera sull’ambiente è definito “neutro”, ma un impatto neutro non è nullo. Nello specifico l’inquinamento previsto sarebbe da considerarsi aggiuntivo». Ed ancora: «Lo studio risulta fortemente carente di un’indagine epidemiologica fedele, dettagliata, che tenga conto delle attuali condizioni sanitarie della popolazione tarantina, ed è privo di una valutazione di rischio di incidente rilevante».

Va detto, infatti, che la Raffineria è soggetta al D.Lgs. 334/1999, che recepisce la direttiva Seveso 96/82/CE. Ha sottolineato la Spera: «La manipolazione di greggio, la costruzione di due serbatoi della capacità di 180.000 m3, la possibilità di sversamento di tossici in atmosfera e in ambiente marino sono ipotesi da prendere in seria considerazione e necessitano di una più attenta analisi, in quanto fenomeni che espongono la popolazione a rischio di incidente rilevante. Ci risultano, invece, trattate con estrema superficialità o non trattate affatto». Altra nota dolente: «La Via ha seguito un iter passato nel più totale silenzio e senza alcuna partecipazione del pubblico».

Le richieste

Per Legamjonici è evidente che il progetto Tempa Rossa ha violato diversi articoli di legge(art. 3-ter, art. 3-quater, art. 4, artt. 24 e 25 del D.Lgs. 152/2006 e art. 6 della direttiva 85/337/CEE). Motivo per cui si chiede alle amministrazioni locali, ai politici nazionali e ai parlamentari di spingere affinché il Ministero dell’Ambiente proceda al riesame e alla successiva revoca in autotutela del decreto di compatibilità ambientale relativo al progetto. Inoltre, il comitato sollecita che venga indetta, in base all’art. 24, comma 6, del D.Lgs. 152/2006, un’inchiesta pubblica per l’esame dello studio ambientale.

Agli esponenti politici viene lanciato anche un altro appello: sottoscrivere un documento che attesti la volontà esplicita di non autorizzare ulteriori opere a vantaggio della grande industria o a esprimere pareri positivi su opere che implicano un’ulteriore devastazione del territorio, oltre a danni per la salute pubblica. Poi un annuncio: «Impiegheremo tutti i mezzi possibili contro l’inerzia delle amministrazioni locali e nazionali, fino a rivolgerci alla Commissione Europea per violazione della Direttiva 85/337/CEE, sulla Valutazione di Impatto Ambientale e sulla partecipazione del pubblico, violazione della direttiva 96/82/CE, Direttiva Seveso».

Il giallo della sospensione

Un capitolo a parte è quello relativo alla sospensione degli impianti Eni per l’inottemperanza di prescrizioni inerenti le norme di sicurezza antincedio. Legamjonici è in possesso di un documento che prova l’esistenza del provvedimento che indica la data del 16 ottobre 2011 come termine ultimo per mettersi in regola. In base a quanto riferito da alcuni giornali tale provvedimento sarebbe stato revocato. A questo punto, gli ambientalisti vogliono vederci chiaro. Hanno già presentato formale richiesta per accedere nuovamente agli atti e verificare personalmente l’esistenza e i contenuti di questa presunta revoca.

Inoltre, Legamjonici chiede un confronto pubblico con il direttore e il presidente del Comitato Tecnico Regionale, l’organo che ha determinato il provvedimento. In caso contrario, si profila all’orizzonte l’ipotesi di un sit-in davanti alla sede barese. L’ultima richiesta è rivolta allaMagistratura: «Indaghi in merito a omissioni di atti d’ufficio da parte del Ctr  per mancata applicazione dell’art. 27, comma 4, del decreto legislativo 334/1999 sui rischi industriali di incidente rilevante».

Non è mancata, durante il sit-in, una conversazione telefonica tra la Spera e il direttore dello stabilimento Guarrata. Un lunghissimo batti e ribatti che alla fine ha lasciato, come prevedibile, ognuno sulla sua posizione, ennesima riprova di quanto sia arduo (o sarebbe meglio dire utopistico) far coincidere le esigenze della grande industria con quelle della comunità ionica. Una comunità che risponde ancora con troppa timidezza agli appelli degli ambientalisti. Una comunità che va ulteriormente stimolata ad accrescere conoscenza e consapevolezza. Una responsabilità che grava su tutti, media compresi.

Alessandra Congedo 

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