Aia all’Ilva, Altamarea indignata: «Stefàno ha tradito i cittadini»
TARANTO – Nell’agosto 2007 partirono da Taranto, caso unico in Italia, le “osservazioni del pubblico” nel procedimento del Ministero dell’ambiente per l’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) di Ilva SpA stabilimento di Taranto.
Con un documento di 87 pagine (tuttora presente sul sito di Minambiente) i cittadini dimostrarono che la documentazione presentata da Ilva era irricevibile. «Le criticità e le omissioni nella documentazione configurano un monumento alla supponenza di un’Azienda di rilievo internazionale consapevole di avere “buoni argomenti” per andare avanti per la sua strada, potendo trascurare impunemente norme, prescrizioni, raccomandazioni e impegni sottoscritti ed operare nel territorio con il piglio e l’indifferenza del “Colonizzatore”. In definitiva, la documentazione della domanda di Autorizzazione Integrata Ambientale è incompleta, omissiva e non rispondente ai requisiti fissati dai D. Lgs. 59/2005 e 152/2006, ulteriormente specificati nella “Guida alla compilazione della domanda di Autorizzazione integrata ambientale” emanata dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.»
Qualsiasi organismo pubblico avrebbe dovuto respingere al mittente quella documentazione ed avrebbe dovuto mettere subito in mora l’azienda. Questo non avvenne ma si firmò, in piena campagna elettorale, un inconcludente Accordo di Programma per l’area di Taranto e Statte di cui si sono perse le tracce. Poi ci fu il cambio del Governo ed iniziò un balletto di richieste di chiarimenti, integrazioni, approfondimenti e modifiche che si è protratto per 4 anni. Non è mai cessato il “pressing” dei cittadini sulle Istituzioni per ottenere dall’azienda la vera riduzione degli inquinanti emessi come è prescritto dalle norme italiane ed europee spesso recepite scorrettamente in Italia.
Nell’autunno del 2008, quel primo nucleo di “pubblico interessato” divenne “AltaMarea contro l’inquinamento”, che ha continuato ad operare su quella linea originaria, ormai apprezzata e sostenuta dall’opinione pubblica. Si ottenne la convergenza tra le amministrazioni comunali di Taranto e di Statte ed il movimento cittadino. Furono scritte le ineludibili prescrizioni che l’AIA di Ilva avrebbe dovuto contenere. Il relativo documento fu inviato al Ministero dell’ambiente a mezzo lettera/fax del Comune di Taranto prot. 709 del 29 gennaio 2009.
Quella lettera/fax fu firmata dai Sindaci di Taranto e di Statte e dai rappresentanti di 15 associazioni e comitati e fu sottoscritta da 45 Associazioni e Comitati, 5 Associazioni di categoria, 12 Ordini e Collegi professionali e 3 Sindacati che lo riconobbero come vademecum per gli interventi per la riduzione degli inquinanti emessi dallo stabilimento Ilva di Taranto. Queste cose vanno sottolineate anche come risposta alle meschinità del cosiddetto “fuoco amico”.
«I sindaci di Taranto e Statte – in virtù delle responsabilità e dei poteri ad essi attribuiti dalla vigente normativa di tutela della salute dei cittadini – ed il “pubblico ionico interessato” (associazioni ambientaliste e culturali, comitati, sindacati, ordini professionali, associazioni di categoria ed altri organismi ionici) PRESENTANO, al Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Marea, indicazioni ed osservazioni integrative sulla emananda AIA di Ilva Taranto.»
Tra le 29 indicazioni dei Sindaci citiamo: incidere sui processi e sui livelli produttivi, in aggiunta ai sistemi di depurazione, in applicazione del principio di precauzione; adottare per gli impianti maggiormente inquinanti misure di risanamento ambientale più incisive e supplementari rispetto alle MTD, come da art. 8 D. Lgs 59/2005; imporre limiti di emissione molto più rigorosi e mirare a “ridurre al minimo l’inquinamento”; adottare le migliori tecniche disponibili in assoluto, prescindendo da logiche di “compatibilità economica”; applicare ad ACC/1 gli interventi di adeguamento previsti per ACC/2; valutare la copertura dei parchi minerali e l’adozione di ambienti confinati per lo stoccaggio; ristrutturare gli schemi idraulici prima degli scarichi a mare con monitoraggio degli inquinanti all’uscita delle singole unità; non introdurre nel ciclo siderurgico l’uso del pet coke.
Nel decreto del 4 agosto 2011 del ministro Prestigiacomo, con il quale viene rilasciata l’AIA all’Ilva, mancano anche le “Indicazioni dei Sindaci”. Di contro, il ministro sottolinea di rilasciare l’AIA avendo “rilevato che il Sindaco del Comune di Taranto non ha formulato per l’impianto specifiche prescrizioni ai sensi degli articoli 216 e 217 del Regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265” .
Il sindaco Stefàno deve chiedere scusa pubblicamente sia a quanti hanno firmato con lui o sottoscritto quei documenti che egli ha poi abbandonato, sia ai cittadini ionici che ritengono che le sofferenze ed i lutti dei loro parenti ed amici hanno molto a che fare con le emissioni in aria, acqua e suolo che provengono dagli impianti di Ilva Taranto.
L’ultima perla di questa Amministrazione comunale ce la offre il vicesindaco Cataldino. In un’intervista rilasciata il 25 agosto su un quotidiano dichiara: «Intravedo in loro (NdR: in Ilva) disponibilità a fare qualcosa di positivo per la città ma, intanto, chiedo al Gruppo Riva di accelerare gli investimenti per la sua ambientalizzazione spendendo i 400 milioni di euro previsti dall’autorizzazione integrata ambientale (AIA)». Ma da dove arrivano in Comune “bufale” come questa? Ma in Comune l’hanno letta l’AIA? In quale delle oltre mille pagine dell’AIA è scritto che Ilva farà investimenti per 400 milioni di euro per la sua ambientalizzazione? Il fatto è che forse hanno trasformato un “sono stati spesi 400 milioni” (dato che, per inciso, noi contestiamo da anni) in un “spenderanno 400 milioni”.
Altamarea, battuta con ogni sorta di soprusi e illegittimità nella battaglia dell’AIA, non abbandonerà il campo. Intraprenderemo ogni azione giuridica ed amministrativa atta ad accertare e punire comportamenti ampiamente scorretti e illegittimi, ben sapendo che abbiamo davanti tempi lunghi ed incerti, per la presenza in ogni dove di fortissimi conflitti di interessi.
In più, ci adopreremo perché gli elettori ionici si ricordino e tengano conto del comportamento omissivo, ambiguo ed ondivago dei politici locali e nazionali di ogni schieramento e delle forze sindacali e datoriali che di fatto hanno lasciato carta bianca al ministro Prestigiacomo e alla sua inqualificabile commissione IPPC.
Quella di Altamarea è una battaglia di civiltà che potrà avere successo se sarà sostenuta da un popolo che si batte sul serio perché le “porcate” contro Taranto cessino una buona volta e perché al governo di questa città arrivino persone rigorose, preparate ed affidabili.
Comunicato stampa firmato da Biagio De Marzo, presidente di Altamarea