Legamjonici: «Gli impianti dell’Eni dovevano essere fermati già dal 2010»
TARANTO – «Perché il Comitato Tecnico Regionale non ha ordinato la sospensione degli impianti Eni già nel luglio del 2010 mettendo, quindi, a rischio la popolazione? Di chi sono le responsabilità? E ancora: la sospensione disposta nella riunione del 14 luglio scorso è stata effettivamente realizzata?».
Legamjonici torna sulla vicenda già sviscerata ai primi di agosto, quando il comitato si è impegnato ad acquisire il verbale riguardante la riunione del Comitato Tecnico Regionale del 14 luglio, relativo alla notifica del provvedimento di sospensione degli impianti oggetto di prescrizioni impartite già nel luglio del 2009 per carenze dei sistemi di sicurezza antincendio. Ora che il documento è arrivato nelle mani degli ambientalisti emergono informazioni estremamente interessanti. Si legge, innanzitutto che l’Eni era già stata diffidata con nota del 6 maggio 2010, in base al comma 4, art. 27, del D.Lgs. 334/1999.
Ecco cosa dice questo comma: «Qualora si accerti che non sia stato presentato il rapporto di sicurezza o che non siano state rispettate le misure di sicurezza previste nel rapporto o le misure integrative indicate dall’autorità competente, l’autorità preposta al controllo diffida il gestore ad adottare le misure necessarie, dandogli un termine non superiore a 60 giorni, prorogabile in caso di giustificati, comprovati motivi».
Si legge, inoltre, che “in caso di mancata ottemperanza è ordinata la sospensione dell’attività per un tempo necessario all’adeguamento degli impianti alla prescrizioni indicate e, comunque, per un periodo non superiore a sei mesi. Ove il gestore, anche dopo il periodo di sospensione, continui a non adeguarsi, l’autorità preposta ordina la chiusura dello stabilimento o, ove possibile, di una parte di esso”.
«Il gestore ha risposto alla diffida solo il 29 aprile 2011, circa un anno dopo – ha spiegato ieri Daniela Spera, coordinatrice di Legamjonici – il Comitato Tecnico Regionale avrebbe dovuto ordinare la sospensione degli impianti in questione già a partire dal luglio del 2010, in quanto la Raffineria non ha chiesto alcuna proroga né dato giustificazione allo scadere dei 60 giorni di tempo». Da qui una domanda cruciale: «Perché il Ctr non ha ordinato la sospensione delle attività? Eppure le prescrizioni risalivano al 9 luglio 2009».
La Spera ha chiamato in causa anche l’Amministrazione Comunale: «Ci risulta da fonti certe che il Ctr, in più occasioni, non ha raggiunto il numero legale. In particolare, il Comune di Taranto, rappresentato da più soggetti, si è spesso assentato, come conferma anche l’ultimo tavolo tecnico».
E’ proprio nel verbale del 14 luglio scorso che il Ctr dispone “la sospensione in tutte le attività dello stabilimento asservite da impianti di protezione attiva antincendi per i quali il gestore non ha posto in essere quanto oggetto della prescrizione”. Nel documento si dice chiaramente che la sospensione dell’attività “dovrà permanere fino all’attuazione completa della prescrizione che dovrà comunque avvenire entro e non oltre 90 giorni dalla data di notifica del provvedimento”.
Sulle modalità di notifica del provvedimento, il Corriere ha ascoltato l’ing. Saracino, segretario del Ctr, il quale ha dichiarato: «La notifica è stata fatta nei giorni seguenti alla riunione, nel rispetto dei tempi tecnici, anticipata tramite fax e inviata con raccomandata. L’azienda ha dato riscontro di averla ricevuta».
Ha poi sottolineato la Spera: «La sospensione dell’attività riguarda più impianti della Raffineria. Tuttavia, non è inverosimile credere che la sospensione di tutti gli impianti non è stato di fatto applicata. La nostra domanda è: sono davvero fermi questi impianti?». Un nodo importante, spesso sottolineato da Legamjonici, è quello relativo alla mancata validazione del rapporto di sicurezza dell’Eni. «Senza questo tassello – ha ribadito la Spera – il Piano di Emergenza Esterno della città non potrà mai ritenersi completato. D’Altronde è proprio l’Eni l’azienda più a rischio per quanto riguarda un possibile effetto domino».
Alessandra Congedo