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Aia Ilva, Altamarea denuncia gravi inadempienze e diffida il ministro Maroni

Gravi inadempienze su Certificato Prevenzione Incendi e nulla osta sull’analisi di rischio di incidente rilevante dello stabilimento ilva. E’ quanto denuncia Altamarea nella lettera di diffida inviata al ministro degli Interni, Roberto Maroni, dopo il via libera del decreto relativo all’Autorizzazione Integrata Ambientale al siderurgico.

«L’Ilva continuerà a produrre e ad inquinare “a norma” di un’Aia indecente ed abnorme – si legge nel documento firmato dall’ingegner Biagio De Marzo, presidente di Altamarea – a Taranto altrettanto male vanno le cose rispetto alle cosiddette “Direttive Seveso” in materia di prevenzione dei grandi rischi industriali e di sicurezza delle cittadinanze coinvolte, in cui il ministero dell’Interno ha una primaria responsabilità tramite il Corpo dei Vigili del Fuoco e le Prefetture».

Nel procedimento per l’Aia di Ilva Taranto, “AltaMarea” ha prodotto, come “pubblico interessato”, osservazioni ed argomentazioni finalizzate ad inserire precise prescrizioni contro l’inquinamento, a tutela della salute e sicurezza dei cittadini e dei lavoratori. «Tali indicazioni – sottolinea De Marzo – sono state pervicacemente bocciate dalla Commissione IPPC, preposta all’istruttoria del procedimento, con la implicita connivenza delle strutture ministeriali, incapaci di opporsi alla determinazione di chi vuole “chiudere la partita” a tutti i costi e che agisce sotto il “mantello” della nomina ricevuta direttamente dal ministro dell’Ambiente».

Altamarea fa notare che l’Ilva continuerà a produrre senza riduzioni effettive dell’enorme carico inquinante che grava sulla città a danno della salute ed aggiunge: «In tema di sicurezza dei lavoratori stessi e della città che la ospita, l’azienda ha beneficiato del comportamento debole, accondiscendente e indulgente degli organismi e delle autorità centrali e periferiche competenti, incluso quelle gravitanti sul ministero dell’Interno. È per questo, quindi, che ci rivolgiamo direttamente al ministro Roberto Maroni per sottolineare che il Ministero che dirige è stato in disparte nell’intero procedimento e forse non ha conosciuto a fondo le pesanti denunce di Altamarea sui temi della sicurezza. Il Ministero dell’interno è stato del tutto assente nelle conferenze dei Servizi presso il Ministero dell’ambiente del 22 febbraio 2011 e del 5 luglio 2011 per valutare il Parere Istruttorio Conclusivo (PIC) espresso dalla commissione IPPC sul rilascio dell’Aia dell’Ilva di Taranto».

Si legge ancora nella lettera di diffida: «La Conferenza dei Servizi del 3 3 5 luglio 2011 ha dato parere favorevole al PIC nonostante che le associazioni, coerentemente con le inascoltate rigorose contestazioni tecniche, scientifiche e normative, avessero definito quel PIC inaccettabile, illegittimo, iniquo, inadeguato a ridurre l’inquinamento industriale. Dopo anni di traccheggiamenti, ora l’Ilva sta per ottenere un’AIA annacquata e inefficace ai fini della riduzione dell’inquinamento con gravissime conseguenze negative per la salute e sicurezza della cittadinanza e dei lavoratori, utile solo a permettere all’azienda di ottenere dalla BEI (Banca Europea di Investimenti) un prestito legato alla presentazione dell’AIA, comunque ottenuta».

Altamarea spiega che il procedimento per il rilascio dell’AIA ad Ilva Taranto è iniziato solo il 28 febbraio 2007 mentre la già citata Direttiva 61/96/CEE, con un preavviso di ben 11 anni, aveva fissato il 30 ottobre 2007 come termine ultimo entro il quale tutte le aziende europee dovessero essere in possesso dell’AIA per poter mantenere in esercizio i propri impianti. «Secondo la Direttiva europea era possibile una sola proroga di 6 mesi, assolutamente non prorogabile ulteriormente – continua De Marzo – quei paletti non hanno subito modifiche nei successivi aggiornamenti comunitari per cui l’Ilva per l’Europa è stata “fuorilegge” per anni senza che nessuna Autorità sia intervenuta. L’associazionismo di Taranto, presente nel procedimento fin dall’inizio, ha prodotto tanti documenti acquisiti agli atti del ministero dell’Ambiente ma respinti dalla commissione IPPC con argomentazioni inconsistenti, sostenute con l’arroganza e la protervia di chi gode della massima “copertura politica”, alla faccia della salute e della sicurezza di cittadini e di lavoratori».

Altamarea sottolinea quindi l’aggravante che  l’Ilva da una decina di anni risulta essere priva di Certificato Prevenzione Incendi (CPI) e di nulla osta sull’analisi di rischio di incidente rilevante, pilastri della sicurezza generale: «La gravità eccezionale della situazione di Taranto è testimoniata dagli innumerevoli procedimenti giudiziari in corso contro proprietà e dirigenza Ilva. Essa è parzialmente illustrata nei seguenti allegati: I) Denuncia dei Carabinieri del NOE di Lecce prot. 41/10 del 2 luglio 2011; II) Delibera n. 207/X del 21/7/2011 del Consiglio Intermedio di Rappresentanza (COIR) della Marina Militare – Corpo della Capitaneria di Porto; III) Nota prot. AIL/PEC/04/10 del 15/10/2010 di AltaMarea alla Prefettura di Taranto sul Piano di Emergenza Esterno, rimasta inesitata. Inoltre, per informazione diretta del Ministro dell’interno, si allega copia degli ultimi tre documenti specifici sulla vicenda AIA inviati da AltaMarea a Minambiente ed altre Autorità interessate: IV) Nota prot. 016/2011 del 3/4/2011; V) Nota prot. 020/2011 del 15/6/2011; VI) Nota prot. 030/2011 del 4 luglio 2011».

In conclusione, Altamarea diffida il ministro dell’Interno ad intervenire e verificare le responsabilità  su quanto denunciato: «Guai a Dio se si dovesse verificare un incidente, anche meno grave di quello occorso alla ThyssenKrupp di Torino, ed accertare in tale dannata occasione che tante iniquità sono state commesse nel campo della sicurezza dei lavoratori e dei cittadini, con la consapevolezza delle Autorità competenti. Le Istituzioni centrali, regionali e locali comunque coinvolte nelle vicende industriali tarantine hanno la responsabilità storica di decidere il presente ed il futuro del territorio ionico e della salute dei suoi abitanti e dei lavoratori impegnati».

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