Qualcosa di analogo è accaduto un paio di mesi fa nel Lago di Garda. Lo scorso 17 maggio, infatti, il sottosegretario alla Salute Francesca Martini ha firmato l’Ordinanza che vieta di immettere sul mercato o commercializzare al dettaglio per un anno le anguille del Lago di Garda destinate all’alimentazione umana, che sono risultate contaminate da diossina dopo alcune segnalazioni di inquinamento nei mesi scorsi. L’ordinanza attribuisce alle Regioni e alle Province autonome interessate (Veneto, Lombardia e provincia di Trento) attraverso le autorità sanitarie, il compito di vigilare sul rispetto dell’Ordinanza e di adottare i provvedimenti per garantire l’informazione agli operatori e ai consumatori sui rischi per la salute legati al consumo.
Le assonanze e i collegamenti tra la realtà tarantina e quel “pezzo” di Nord Italia non finiscono qui. Girovagando su internet, infatti, si viene a scoprire che l’azienda Caffaro di Brescia “dai primi anni 70 fino al 1984 ha prodotto l’Apirolio (che contiene Pcb), un liquido isolante e non infiammabile destinato ai trasformatori del centro siderurgico di Taranto”. Inoltre, dalle analisi effettuate nel 2001, nei quartieri adiacenti all’azienda, sono state riscontrate concentrazioni di Pcb venti volte superiori al limite (persino al di sopra di quelli rilevati a Seveso). Fonte: http://archiviostorico.corriere.it/2010/giugno/24/Caffaro_veleni_gettati_una_cava_co_7_100624043.shtml.
Storie parallele (e coincidenze) che meritano un serio approfondimento da parte di chi ha il dovere di accertare cause e responsabilità. Nella speranza che a pagare per le colpe di altri non siano sempre le vittime.
Alessandra Congedo
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