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Legambiente: «Il sequestro degli impianti Ilva è possibile anche senza interrompere l’esercizio»

TARANTO –  Un corposo documento che denuncia le criticità inerenti l’Autorizzazione Integrata Ambientale all’Ilva e il rapporto del Noe è stato inviato oggi da Legambiente (la firma è di Leo Corvace) al Ministero dell’Ambiente, alla Procura della Repubblica e agli organi di informazione. Riportiamo il testo integrale: 

   Il 4 luglio il N.O.E. ha inviato al Ministero dell’Ambiente, tramite fax, una nota con la quale si segnalavano le irregolarità riscontrate nel corso di 40 giorni di indagini ed appostamenti riguardanti lo stabilimento Ilva di Taranto. La conferenza dei servizi sull’AIA dell’Ilva svoltasi il giorno dopo ne ha preso visione ma non lo ha ritenuto di rilevanza tale da comportare modifiche alle prescrizioni licenziate dalla Commissione Istruttoria IPPC, rimandando eventuali accertamenti del Ministero a dopo il rilascio dell’AIA quando assumerà funzione di autorità competente. E’ questa la sconcertante decisione assunta nella conferenza dei servizi come scaturisce dalla lettura del verbale redatto a conclusione  dei suoi lavori e di cui Legambiente è entrata in possesso di recente. Quindi la conferenza dei servizi era ufficialmente a conoscenza del rapporto del NOE e non, come si presupponeva, per solo notizie di stampa.

        In realtà le anomalie registrate dal NOE circa il fenomeno dello “slopping“, ossia la dispersione dai tetti delle acciaierie di nuvole di fumo rosso dovuto alla presenza di ossidi di ferro, è indice della scarsa efficacia delle prescrizioni per contrastarle previste nell’AIA dell’Ilva. Ci si riferisce alle specifiche pratiche operative (A5121001 e POS A1118) adottate dall’azienda nonchè al cattivo funzionamento del sistema di depolverazione secondaria in esercizio presso questi impianti, uno dei quali di recente installazione (ACC/2). L’altro, nell’ACC/1, addirittura risalente al 1986  non è stato oggetto di misura di adeguamento da parte dell’AIA. Il rapporto del NOE avrebbe dovuto quindi indurre la conferenza dei servizi non già ad una sua sottovalutazione ma ad una revisione delle prescrizioni di merito imponendone, così per i controlli, di più rigorosi.  

Per tenere sotto controllo il fenomeno occorre che da subito venga almeno imposta l’installazione del sistema di videomonitoraggio senza attendere i lunghi ed incerti tempi previsti dall’AIA. Per contenerlo occorre invece che, nelle more di interventi strutturali, all’azienda vengano urgentemente imposte delle stringenti misure di pronto intervento da far scattare nell’evidenziazione del fenomeno. Tali misure, persistendo l’atteggiamento di colpevole inerzia da parte del Ministero dell’Ambiente, potrebbero essere assunte dalla Magistratura. Il sequestro degli impianti è possibile anche senza interromperne l’esercizio, come avvenne alcuni anni addietro con i parchi minerari.   Lo “slopping” è responsabile, secondo dati Ilva riferiti al 2005, della dispersione di almeno 573 t/a di polveri (con il loro carico di metalli pesanti), stima peraltro calcolata per difetto non essendo considerate alcune fasi del processo produttivo inerenti le acciaierie.

Nel rapporto del NOE si denuncia anche un uso distorto delle torce essendo di tipo continuativo, quindi assurto a pratica di smaltimento, e non legato ad eventi eccezionali (emergenze e/o problemi di sicurezza). L’azienda adotta infatti la tecnica della “combustione soppressa“, in base alla quale il gas di acciaieria viene recuperato solo nella fase centrale del processo di affinazione in convertitore (durante la quale detiene  maggior quantità di ossido di carbonio) mentre nelle fasi iniziali e finali viene combusto nelle torce. Questa tecnica è prevista dalle B.A.T. ma, tanto più in assenza di accorgimenti che incidano sulla combustione delle torce, ai vantaggi del recupero del gas di acciaieria (poi sfruttato a scopo energetico) fanno da contrappeso insopportabili emissioni inquinanti. Tale anomalia va decisamente superata con le opportune modifiche di processo. Occorre che, a breve, siano installati  sistemi di prelievo dei gas in torcia ed idonei sistemi di monitoraggio in continuo dei parametri portata, CO e temperatura di combustione, pur previsti dall’AIA ma con i soliti inaccettabili tempi lunghi. Nel 2007 le quantità stimate di gas e fumi bruciati in torcia non recuperabili erano pari a circa 653 t/a. Oltretutto il NOE ipotizza che l’azienda possa non possedere l’autorizzazione necessaria per la dispersione delle emissioni diffuse trattate in questo capitolo

L’ultima denuncia del NOE riguarda la preoccupante situazione in cui versa l’area Gestione Rottami Ferrosi. Le associazioni ambientaliste se ne erano occupate nel gennaio 2009 con le osservazioni sottoscritte anche dai sindaci di Taranto e Statte e da decine di organismi vari. Il rapporto del NOE evidenzia  l‘insufficienza sia della portata delle prescrizioni imposte nell’AIA, sia dei controlli su quanto dichiarato dall’Ilva nel suo piano di risanamento. In particolare rileva l’assenza di sistema di captazione e depolverazione nell’area “taglio rottami ferrosi”, il sottodimensionamento e l’avaria  di quello installato nell’area adibita al taglio dei fondi delle paiole. Situazioni che potrebbero anche essere suscettibili di ipotesi di reato e sui quali si auspica un’indagine giudiziaria. Il rapporto del NOE avrebbe dovuto spingere la conferenza dei servizi sull’AIA ad apportare anche su queste problematiche le opportune modifiche prescrittive. Invece si è deciso di ignorarlo. Occorre invece che tutte le operazioni di recupero del rottame ferroso siano trasferite in ambienti confinati, almeno dotati di tettoia e pavimentazione impermeabile nonchè di efficaci sistemi di abbattimento di polveri e fumi.

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