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Il quartiere Tamburi e quella targa che “maledice” chi consente l’inquinamento

TARANTO – Nel quartiere “Tamburi”, dove ogni cosa brilla di minerale rossastro proveniente dal siderurgico, anche la targa contro l’inquinamento,  apposta da un gruppo di cittadini, non è più leggibile.

Parole incise e soffocate, come l’urlo disperato di chi non ha più voce: “Nei giorni di vento nord – nord/ovest, veniamo sepolti da polveri di minerale e soffocati da esalazioni di gas provenienti dalla zona industriale “Ilva”. Per tutto questo gli stessi “maledicono” coloro che possono fare e non fanno nulla  per riparare” (I cittadini di via De Vincentis, Lisippo, Trojlo, Savino).

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«Come si fa a vivere in un quartiere dove anche l’aria brilla di minerale?». Si chiede Francesco, un benzinaio residente a Martina Franca, che trascorre dieci ore al giorno della sua vita in via Orsini, nel rione Tamburi. Non riesce ad immaginare come la gente del posto possa convivere anche di notte con le polveri provenienti dal siderurgico. «Gli ultimi giorni sono stati terribili: il vento ha trasportato grosse quantità di minerale dappertutto. La situazione è insostenibile – continua Francesco – quando torno a casa mia moglie mi domanda: ma lavori alla stazione di servizio o all’Ilva? Per lavare i miei indumenti fa il bucato a mano. Non usa più la lavatrice per il timore che possa intasarsi con il materiale ferroso appiccicato ai tessuti».

Ogni giorno, Francesco vede arrivare macchine ricoperte di strati di polvere rossa e nera. Anche la colonnina della benzina deve essere ripetutamente pulita. «Se la situazione è tragica per me, figuriamoci cosa prova la gente che vive stabilmente in questo quartiere – sottolinea Francesco, preoccupato soprattutto per la salute dei bambini che devono subire gli effetti dell’inquinamento – qui vivono tanti miei amici che hanno problemi di asma ed allergie, senza dimenticare chi ha guai peggiori». Per lui l’unico spiraglio è rappresentato dalle inchieste giudiziarie. Nel commentare la richiesta di sequestro dell’Ilva da parte dei Carabinieri del Noe, Francesco tira un sospiro di sollievo: «Finalmente qualcosa si muove. Visto che con la politica non si risolve niente, confidiamo nelle forze dell’ordine e nella Magistratura».

Alla vigilia della Conferenza dei Servizi sul rilascio dell’Autorizzazione Integrata Ambientale al siderurgico, convocata per il 5 luglio, che potrebbe dare il via libera ad un aumento della produzione a condizioni fortemente contestate dagli ambientalisti ionici, si avverte un clima di generale sfiducia nelle istituzioni. «Negli ultimi anni, i  cittadini hanno organizzato manifestazioni, hanno richiesto interventi concreti per rendere il quartiere più vivibile, ma non hanno ottenuto nulla –  è lo sfogo di un uomo di mezza età completamente rassegnato –  non abbiamo più fiducia negli amministratori locali e nazionali. Da loro arrivano solo parole».

In via Trojlo, all’ombra delle ciminiere, tutto è ammantato di rosso: i marciapiedi, i muretti, la segnaletica stradale, le palazzine. Qui, dove l’esasperazione si taglia a fette, la signora Maria Addolorata è pronta a spalancare la porta di casa pur di farci vedere il materiale rossastro che si è ammassato sui davanzali, sui fili della biancheria e sulla tettoia: «Stamattina ho già dato la prima pulita – dice la donna – mi toccherà farlo almeno altre due volte durante la giornata. Se non stiamo attenti, la polvere va ad infilarsi anche nel frigorifero».

L’afa di questi giorni sta rendendo la situazione ancora più insopportabile: «La notte dobbiamo tenere le finestre chiuse per evitare l’invasione delle polveri. Siamo costretti a morire di caldo». Come se non bastasse, da circa ventitré anni, la signora Maria Addolorata soffre di asma. In pratica, da quando si è trasferita in quella casa. «Non possiamo mica vivere così – aggiunge la signora – perché l’Ilva non ha mai coperto i parchi minerali?». Ci pensa un suo vicino a dare una risposta: «Non faranno mai la copertura perché dicono che costa troppo».

Sempre in via Trojlo, ci sono degli operai intenti a rifare la facciata di un edificio che si era completamente annerito: «Qui la polvere si è accumulata per oltre trent’anni diventando piuttosto pericolosa – dice il capocantiere indicando i balconi lesionati – anche se abbiamo grattato la superficie, il materiale ferroso rimane attaccato. E poi – aggiunge –  anche se si fanno questi lavori, tra meno di un anno ci ritroveremo nella stessa situazione». A pochi metri dal cantiere, una coppia di coniugi intenta a pulire gli infissi di una casa a pianterreno, si sfoga: «Ma perché gli interventi di ristrutturazione delle palazzine devono gravare su di noi che siamo solo delle vittime?».

Alessandra Congedo

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