Mappe Epidemiologiche, Save Taranto: “Stop agli inganni”

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TARANTO – Dopo un’attesa durata molti anni nel totale silenzio degli amministratori e degli enti sanitari locali e regionali preposti, accogliamo con favore l’impegno dichiarato dal consigliere regionale Cervellera sperando che segua ad esso anche quello degli altri colleghi relativamente al sostegno alle indagini epidemiologiche. Nel mentre, ci auguriamo che le procedure relative risultino anche idonee e complete. Già nel 2009 l’Associazione Malati Cronici ed Immunitari aveva evidenziato alla presenza del Professor Giorgio Assennato le criticità determinate dalla mancanza di un’anagrafe epidemiologica capillare, seguita nel 2010 dal comitato ’Taranto libera’ che, dopo numerose segnalazioni a mezzo stampa, aveva sottolineato l’assenza di rilievi epidemiologici minimi anche alla commissione parlamentare d’inchiesta giunta a Taranto per compiere una ricognizione sui potenziali danni arrecati dalle locali discariche di rifiuti.

Le mappe Epidemiologiche Geografiche consentono di rivelare gli anomali tassi di incidenza di malattia specie in prossimità degli impianti industriali e costituiscono pertanto strumento imprescindibile nella definizione in sede giudiziaria del nesso di causalità “emissione-malattia”, poiché riportano un quadro di diffusione dei danni alla salute statisticamente accertato e rilevante. In sintesi, non costituiscono forma di verifica del rispetto delle normative vigenti in materia prettamente ambientale ma evidenziano invece il danno da attività industriali seppur condotte nel pieno rispetto dei limiti indicati per legge. Le leggi ambientali non offrono generalmente le attese garanzie poiché non necessariamente riportano soglie di tollerabilità umana affidabili. Si consideri in proposito che i tetti e le soglie sono spesso stabiliti per convenzione sulla unica base delle tecnologie di contenimento disponibili, consentendo alle aziende di arrecare danno all’ambiente pur rimanendo nell’ambito della legalità, poiché i valori limite di legge non tengono conto della resistenza né degli organismi adulti più vulnerabili, né dei bambini. Inoltre, per più inquinanti, come nel caso del Nichel, non esiste neppure una soglia di tolleranza umana accertata. La mappatura risulta pertanto insostituibile poiché consente di risalire all’area dell’emissione tossica e nociva e alle generali responsabilità prescindendo dall’azione dei singoli inquinanti, i quali potrebbero persino restare sconosciuti anche al termine dell’indagine.

Atteso che le recenti dichiarazioni di alcuni consiglieri regionali anticipano la volontà di ottenere i dati delle Mappe Epidemiologiche per estrapolazione dal Registro Tumori, ci chiediamo se gli stessi siano al corrente delle differenze esistenti tra le due modalità. A tale proposito, desideriamo puntualizzare che, pur restando favorevoli all’istituzione del registro, quest’ultimo prevede una raccolta di informazioni limitata e non sempre integrata con le modalità delle mappature georeferenziate, poiché lo scambio ed il confronto dei dati nell’ambito di altre indispensabili indagini statistiche ed informatiche territoriali risulta fortemente limitato. Infine, il Registro Tumori non prende neppure in esame le malattie croniche non oncologiche, ugualmente indotte dall’impatto ambientale e molto più diffuse di quelle oncologiche.

Non comprendiamo allora in quale maniera i dati epidemiologici essenziali possano essere estrapolati da un registro tumori, tanto più che risulta ancora assente un qualsiasi adeguamento delle dotazioni e delle procedure presso Ausl, centri diagnostici e medici di famiglia. In particolare: a) Non è stato definito lo schema della scheda/cartella supplementare che possa riportare anche dati utili alle indagini demoscopiche e pertanto di carattere legale e non solo sanitario; b) Non è stato mai introdotto presso tutti gli operatori sanitari un software standard per la rilevazione dei dati epidemiologici (quando non eseguita su tutta la popolazione e da tutti gli operatori sanitari, l’indagine viene falsata poiché parziale); c) Non è stata stabilita una convenzione per la standardizzazione di alcuni differenti codici associati a identiche malattie riportate in cartelle cliniche di specialità mediche diverse; d) Non è stata prevista la procedura per raccogliere e trasmettere i dati epidemiologici da tutti gli operatori sanitari a un istituto regionale centralizzato come quello per le rilevazioni epidemiologiche. In poche parole, occorrerebbe l’istituzione di una anagrafe organizzata e comprendente tutti i nodi di raccolta territoriale, poiché solo l’interessamento di tutti gli operatori sanitari permetterebbe di condurre l’indagine sia sulla intera popolazione che sulle coorti di controllo;  e) Alcuni studi condotti ed illustrati dal noto epidemiologo italiano Valerio Gennaro, evidenziano come la scelta inadeguata dei metodi potrebbe dare origine ad una raccolta dati riportante sostanziali errori nei risultati. Le procedure adottate risultano pertanto determinanti.

La perdurante mancanza di indagini inerenti la diffusione di patologie croniche quali le immunitarie (tiroiditi autoimmuni, dermatiti, artriti, endometriosi, forme infiammatorie vascolari, polmonari, allergie ecc.), le patologie multisistemiche come la Sensibilità Chimica Multipla, l’autismo, i disordini bipolari, i deficit di attenzione, oppure quelle neurodegenerative, costituisce pregiudizio e discriminazione grave e socialmente ingiustificabile nei confronti dei pazienti che ne sono affetti, poiché tali malattie vedono negli ambientali i principali fattori di rischio e di moltiplicazione di morbilità. Molte delle suddette malattie non sono attualmente neppure inquadrate come professionali perché presentano una eziologia multipla, complessa e variabile, e richiedono pertanto la loro mappatura georeferenziata al fine di poter essere associate anche all’ambito di attività lavorative operaie, valutate statisticamente per coorti e non necessariamente “caso per caso”, come nell’esempio citato alcune settimane fa dall’assessore regionale Nicastro relativamente alla ricostruzione giudiziaria del nesso di causalità. Inoltre, sentiamo il dovere di correggere il segretario della Fim Cisl Giuseppe Lazzaro che indica, come unico mezzo per stabilire il nesso causale in ambito lavorativo, l’indagine tossicologica. Ricordiamo a Lazzaro che diagnostica e calcolo dell’incidenza sono concetti distinti e, dal momento che esistono patologie che si manifestano dopo diversi anni e che, a differenza dell’asbestosi, possono pure essere causate da agenti tossici differenti, è irrinunciabile il ricorso all’epidemiologia e non a caso l’INAIL stessa prevede una valutazione statistico-epidemiologica per l’individuazione del nesso causale, così come indicato nel D.M. 14 gennaio 2008 aggiornamento di cui all’art. 139 del D.P.R. n. 1124/1965. Le indagini epidemiologiche permettono allora di individuare anomale incidenze di malattia nei reparti lavorativi (di una medesima azienda) nei quali, pur non essendo previsto il contatto diretto con uno o più agenti eziologici, possono verificarsi casi di insorgenza di patologie ad essi correlate. Auspichiamo, dunque, di stralciare i dati in un apposito nuovo registro separato da destinare all’INAIL.

Abbiamo appreso, inoltre, di preoccupanti pregiudizi laddove si è affermato che lo stato di salute della popolazione debba essere misurato sulla base dell’allungamento degli anni di vita anziché sull’assenza di infermità e di invalidità, cioè sulla qualità della vita. Ricordiamo in proposito a tutti gli amministratori che l’assenza di un piano organico di prevenzione di primo e secondo livello delle malattie croniche continua a minare alle fondamenta la sostenibilità della sanità pubblica, distruggendola del tutto.

Circa le patologie oncologiche, sarebbe significativo soffermarsi, anziché sul dato numerico complessivo di mortalità, sulle caratteristiche delle forme tumorali occorse e sulle specificità dei soggetti colpiti. La giusta modalità di rilevazione statistica epidemiologica è stata sottolineata anche in un recente lavoro scientifico, nel quale emerge un dato di maggiore mortalità per patologie tumorali, nelle forme maligne, nei centri abitati situati nei pressi dell’area industriale (Malignant cancer mortality in Province of Taranto (Italy). Geographic analysis in an area of high environmental risk, Martinelli D., Mincuzzi A., Minerba S.,Tafuri S.,Conversano M.,Caputi G.,Loparco PL,Quarto M.,Germinario C.,Prati R., J Prev Med Hyg. 2009 Sep;50(3):181-90).

I punti di criticità sopraccitati ci inducono a richiedere alle pubbliche autorità di istituire una commissione tecnica trasparente finalizzata a selezionare le procedure idonee alle indagini epidemiologiche territoriali, integrate dall’apporto di figure peritali super partes di alto livello e terze rispetto alla AUSL, oltreché aperta alle associazioni sanitarie ed ecologiste della provincia, con finalità consultive e di controllo.

Nell’ambito delle mappature, chiediamo inoltre di indicare come elementi dei casi di controllo e verifica delle indagini, gli abitanti negli isolati del quartiere Tamburi a ridosso degli impianti industriali. Circa la disponibilità manifestata specificamente dalla Provincia di Taranto, facciamo presente che la ricerca di metalli pesanti nell’organismo di soggetti volontari non costituisce indagine di carattere epidemiologico poiché, secondo quanto appreso, trattasi di screening diagnostico condotto su un campione ristretto di controllo e non su tutta la popolazione. Chiediamo, infine, che venga convocato un consiglio comunale monotematico che abbia come tema centrale l’istituzione dell’anagrafe epidemiologica territoriale secondo le migliori modalità e tecnologie esistenti, in relazione alle criticità del nostro territorio.

 SAVE TARANTO – Federazione per l’Ecotutela Jonica

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