Ilva e diossina, Ambrogi Melle sollecita un intervento del sindaco di Taranto

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Riceviamo e pubblichiamo una nota stampa di Lina Ambrogi Melle, consigliere comunale di Taranto del Gruppo Ecologisti per Bonelli.

A Taranto continuano ad esserci accadimenti drammatici, ma mancano iniziative adeguate per fronteggiare almeno le urgenze. Sembra quasi che ci sia una certa assuefazione al peggio, che puntualmente arriva senza però scuotere le coscienze di chi ha precise responsabilità di tutela degli interessi della collettività.

Pertanto ho fatto un’interrogazione urgente al nostro sindaco per conoscere quali iniziative intende intraprendere per i picchi di diossina che si sono avuti ai Tamburi e per gli incidenti rilevanti dei big bags (ovvero dei grandi sacchi che raccolgono i rifiuti pericolosi derivanti dal filtraggio delle emissioni dell’Ilva) che continuano a verificarsi.

Come si ricorderà, il 26 febbraio 2016 la popolazione di Taranto è venuta a conoscenza tramite stampa che al quartiere Tamburi di Taranto ci sono stati tra l’agosto 2013 ed il febbraio 2015, livelli altissimi di diossina, anche quaranta volte oltre i limiti e circa diciotto volte oltre i numeri toccati durante i rilevamenti dell’Arpa tra il 2008 e il 2011. A novembre 2014 e’ stato rilevato il dato più preoccupante: al quartiere Tamburi, il più vicino all’impianto siderurgico, si è avuto un picco di diossina fino 791 picogrammi al metro quadro rispetto a un ‘valore soglia’ che per le “deposizioni” si attesta tra 15 e 20 picogrammi. Anche il dato di febbraio 2015, di 212 picogrammi è stato allarmante.

Con una nota del 23 marzo 2016, l’Ilva ha fornito il registro degli eventi incidentali “imputabili alla lacerazione di alcuni sacchi (per urto durante la movimentazione o per contatto con polvere calda) avvenute principalmente nel box di scarico o all’interno del deposito temporaneo” per gli anni 2014-15“. Dall’analisi del registro inoltre, risulta che nel 2014 si sono verificati ben 17 eventi che hanno portato alla lacerazione di 20 sacchi (con casi anche di 2/3 eventi al mese) e che nel 2015 si sono verificati altri 15 eventi che hanno portato alla lacerazione di 16 sacchi: gran parte di questi eventi vengono addebitati alle alte temperature delle polveri.

Nel mese di maggio 2016 nella “Relazione integrativa sul monitoraggio delle deposizioni di diossine a Taranto” l’Arpa evidenzia che :

”I picchi di diossina rilevati nel deposimetro dei Tamburi nei mesi di novembre 2014 e febbraio 2015 sono fortemente correlati alle polveri di abbattimento degli elettrofiltri dell’impianto di sinterizzazione ILVA e alle attività dell’acciaieria e della fusione della ghisa e sono dovuti a fenomeni di risollevamento delle polveri, presenti sulla superficie dei terreni nelle vicinanze della centralina, cui può essere associata una particolare avvezione di polveri contaminate di diossine, avvenuta nei mesi in questione. “

Ciò vuol dire che in Via Orsini, dove è posizionato il deposimetro, i suoli sono risultati contaminati da diossina come nel centro della peggiore discarica della Terra dei fuochi. Inoltre l’Arpa riferisce che:

allo stato non si può escludere che tali fenomeni possano ripetersi in presenza di una perdurante contaminazione ambientale del suolo e qualora si ricreino le condizioni che sono state all’origine di quanto avvenuto.

Questi picchi di diossina sono legati non tanto ad un aumento della quantità delle polveri ma ad un rilevante incremento del contenuto di diossine nelle polveri depositate e nei periodi in cui si sono verificati i picchi ci sono stati 36 laceramenti dei sacchi big-bags di contenimento delle polveri dei filtri MEEP , ovvero dei sacchi in cui sono contenute le diossine degli elettrofiltri , che vengono prima stoccate nell’Ilva e successivamente inviate in una discarica di Orbessano.”

Le informazioni sul tragitto e sulle modalità di trasporto di questi pericolosi sacchi di diossina non sono da ritenersi esaustive , osserva ancora l’Arpa Puglia e pertanto non si può escludere che questa movimentazione abbia potuto abbia potuto interessare alcune zone dei Tamburi, determinando questi picchi di diossina.

L’Arpa ha inviato queste informazioni, come tutti i precedenti rilievi sulle inadempienze AIA da parte di Ilva, all’Ispra, al Prefetto ed in Procura. Questi incidenti rilevanti si sono ripetuti e anche l’ 11 luglio 2016 c’è stato un incendio in acciaieria 1 dell’ILVA in cui si sono bruciati 5 big bags, come confermato dalla stessa Arpa in Commissione Ambiente . La mattina successiva, il 12 luglio 2016, una nebbia marrone ha sovrastato l’ILVA e il territorio circostante. Appare evidente come alle emissioni dell’ILVA durante il processo produttivo si associ un nuovo pericolo ambientale: quello della non corretta gestione dei rifiuti derivanti dal filtraggio delle emissioni.

Nella deliberazione del Consiglio comunale n.37 del 27 aprile 2016 avente oggetto la mozione presentata dal consigliere comunale Lina Ambrogi Melle sulle “ Elevate emissioni di diossina a Taranto e ritardo nella conoscenza” , il sindaco viene impegnato dal Consiglio comunale ad adottare ogni atto a tutela della salute pubblica chiedendo al Ministero dell’Ambiente l’attivazione delle procedure all’articolo 29 – decies del D.L.vo n.152/2006 ( e s.m.i.) ( Rispetto delle condizioni dell’Autorizzazione Integrata ambientale) con eventualmente la revoca dell’AIA all’Ilva.

Pertanto, alla luce dei drammatici accadimenti che continuano a mettere in pericolo la popolazione di Taranto, chiedo al Sindaco quali sono le iniziative che l’amministrazione comunale intende intraprendere per tutelare la sicurezza, la sanità e l’igiene pubblica e se chiederà al Ministero dell’Ambiente la revoca dell’AIA all’Ilva.

Inoltre poichè il sindaco ha precise responsabilità ex lege in materia di sicurezza , sanità e igiene pubblica e, se esistono pericoli incombenti, in adempimento della Direttiva Seveso deve informare la popolazione dei rischi rilevanti cui è sottoposta, chiedo al Sindaco quando renderà noto alla cittadinanza il piano di emergenza specifico nel caso in cui questi big bags dovessero nuovamente incendiarsi o lacerarsi e queste polveri, che sono concentrati di sostanze tossiche derivanti proprio dai sistemi di filtraggio dell’ILVA, dovessero disperdersi nell’ambiente.

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